Acese tra lgbt più influenti per il Financial Times Zappulla: «Essere se stessi al lavoro è produttivo»

La laurea nel Regno Unito. Poi i primi impieghi prestigiosi, all’Ansa e a Bloomberg Tv. Infine l’incarico come chief operating officer alla Thompson Reuters foundation, il ramo filantropico di uno tra i gruppi editoriali più potenti al mondo. E non ha ancora 40 anni. La crescita professionale di Antonio Zappulla, 38enne originario di Acireale, è stata verticale. Un percorso notato anche dal Financial Times, che poche settimane fa lo ha inserito – al quarto posto – nella sua classifica dedicata ai dirigenti d’azienda gay, lesbiche o transgender.

Cosa significa per te questa menzione nella classifica del Financial Times? In che modo l’identità sessuale o di genere, a tuo avviso, può rappresentare un valore aggiunto sul lavoro?
«Mi è stato chiesto che senso abbia la classifica. La risposta è semplice: vorrei vivere in una realtà in cui la differenza di orientamento sessuale sia irrilevante, come il colore degli occhi. Purtroppo, al momento la situazione è ben diversa. In 72 Paesi al mondo le relazioni tra persone dello stesso sesso sono vietate costituzionalmente e in otto è prevista la pena di morte. Le aziende multinazionali possono essere fondamentali per veicolare un messaggio di inclusione perché operano in Paesi molto diversi dal punto di vista culturale. Per esempio, quando Starbucks ha minacciato di chiudere le attività in North Carolina, per via delle polemiche sulla comunità transgender, è stato evidente che lo Stato ascolta. È importante lanciare un messaggio forte a tutti coloro che sono in the closet al lavoro: non essere sé stessi impoverisce la produttività».

Il tuo percorso formativo e professionale, di alto livello, si è sviluppato soprattutto fuori dalla Sicilia. In qualche modo la tua storia è simile a quella di molti «emigrati». A tuo avviso, si tratta di un normale dato strutturale o di un’anomalia siciliana?
«Sono andato via dalla Sicilia nel 1999. La crisi ancora non si faceva sentire come adesso e la mia decisione di andare via era vista come un’anomalia. Ho fatto questa scelta perché, sin da adolescente, parlavo e scrivevo in inglese, per cui l’opportunità di continuare gli studi nel Regno Unito era per me imperdibile. Oggi, la realtà è ben diversa. Al centro di Londra senti parlare italiano, nei bar, nei ristoranti gli italiani sono tantissimi. Il consolato generale d’Italia a Londra è il più attivo al mondo».

Nelle ultime settimane si è svolta in Sicilia una campagna elettorale, quella per le regionali, che ha portato all’elezione di Nello Musumeci nel ruolo di Governatore e all’affermazione del centrodestra. Cosa ne pensi? 
«Vivendo all’estero non ho diritto a votare per le regionali. Avrei sicuramente votato per Claudio Fava per lanciare un forte segnale antimafia. L’era berlusconiana è stata un disastro d’immagine per l’Italia. In quel periodo, siamo diventati lo zimbello d’Europa. Mario Monti, che in tanti in Italia hanno odiato per via del rigore fiscale, è stato il politico più rispettato in Europa e l’aumento della pressione fiscale da lui introdotto era necessario per porre riparo alle politiche disastrose del governo Berlusconi. Se l’Italia non ha fatto la stessa fine della Grecia, è solo per la fiducia che l’Europa ha riposto in Mario Monti».

In generale, al di là delle contingenze politiche o amministrative, quale ti sembra lo stato di salute dell’Isola? Sul piano dello sviluppo, o dell’occupazione, ti sembra che abbia fatto dei passi avanti negli ultimi anni?
«La Sicilia è in uno stato disastroso. Torno una o due volte l’anno, per lo più d’estate, e trovo un mare sporco, parcheggiatori abusivi e strutture fatiscenti. La scala dei Turchi deturpata, i collegamenti con le isole minori un disastro. C’è bisogno di una classe politica che investa nelle risorse più grandi della regione: il turismo e la nostra ricchissima tradizione. Abbiamo uno statuto speciale, perché non lo utilizziamo a dovere? Penso per esempio a una scuola che metta enfasi sulla storia dell’arte, ma anche sull’inglese e sull’apprendimento della lingua araba. Siamo il primo punto di contatto europeo con il Medio Oriente: insegniamo l’arabo a scuola, attiriamo investimenti in Sicilia. Facciamo della nostra posizione geografica un punto di forza!».

E sul piano sociale? Secondo la Sicilia è una terra tollerante, aperta alle differenze? Qual è la tua esperienza personale, in questo senso?
«Vivo a Londra dal 1999, ho colleghi e amici che provengono da ogni angolo del mondo. La Sicilia ha un cuore grande ma spesso soffre di miopia».

Cosa mi dici della tua Acireale? In che condizioni l’hai trovata negli ultimi anni, quando sei tornato a casa?
«Sono stato in visita l’ultima volta ad agosto. L’ho trovata sommersa di spazzatura e piena di piste ciclabili inutilizzate. È sempre cosi? Spero di no».

C’è qualcosa che vorresti suggerire a chi intende intraprendere una carriera simile alla tua?
«Abbiate il coraggio di essere voi stessi. Sempre».


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