Catania, Centro Fieristico Le Ciminiere: da ieri fino al 15 settembre è qui che si svolgeranno i test d'ammissione per le facoltà dell'Ateneo di Catania, tutte col lucchetto, caso unico in Italia. Tra proteste e malcontenti, il diritto allo studio pare uscirne malconcio- Catania, il primo ateneo a numero chiuso
La capitale del numero chiuso
Sono cominciate ieri mattina le prove d’accesso per le facoltà dell’Università di Catania. Ai blocchi di partenza, il 1 settembre, i forse futuri ingegneri, che hanno inaugurato la stagione dei test al Centro Fieristico “Le Ciminiere” di Piazzale Asia. È quello, infatti, il plesso che ospiterà le aspiranti matricole che tenteranno di superare lo sbarramento imposto dall’Ateneo per adeguarsi ai dettami della riforma Gelmini.
Sono circa millequattrocento le domande pervenute per l’iscrizione alla facoltà di Ingegneria di Catania, seicento in più rispetto ai posti disponibili complessivi che sono soltanto ottocento, divisi tra gli indirizzi industriale, informatico, elettronico, e civile e ambientale.
Due ore e trenta minuti per lo svolgimento di una prova che constava di ottanta quiz a risposta multipla, dei quali ben cinquanta di argomento scientifico.
«I test possono anche essere utili, in facoltà come Medicina che hanno sempre un altissimo numero di iscritti, ma Ingegneria è difficile che sia sovrappopolata», sostiene il signor Russo, uno dei tantissimi genitori che hanno accompagnato i figli in piazzale Asia. «Tutti questi ragazzi non avrebbero mai tentato queste prove, se non avessero paura di rimanere senza una facoltà dove iscriversi. Ci stanno complicando la vita, inutilmente». Essì, perché vista l’introduzione del numero chiuso a tappeto, se si vuole frequentare l’Università, per non rimanere esclusi si tenta l’accesso in più di una facoltà.
Oltre a complicarla la vita, questi test la stanno rendendo più cara. Il costo per sostenere ciascun esame è stato fissato a quaranta euro, e quasi nessuno dei ragazzi ha intenzione di tentare la sorte una volta soltanto.
Dario, ad esempio, vorrebbe entrare a medicina ma, nell’incertezza, cercherà di essere ammesso a ben dieci corsi di laurea. Quattrocento euro, ai quali andrà sommata la tassa d’iscrizione, rincarata ulteriormente lo scorso anno.
«Mia figlia ha studiato tutta l’estate per riuscire a entrare a Ingegneria», racconta la signora Schilirò. «Ha fatto il liceo scientifico, è preparata. Però abbiamo dovuto considerare anche l’ipotesi che possa non essere ammessa. Domani (oggi per chi legge, ndr) farà i test per medicina, e poi quelli per Economia». Facoltà molto diverse tra loro, che diventano l’ultima spiaggia nella corsa ad un’immatricolazione che non è mai stata così incerta. «Il diritto allo studio che fine ha fatto? Bisognerebbe essere liberi di scegliere, tanto si sa che la selezione si fa durante il corso di studi».
E c’è chi inneggia al modello francese. Sebastiano, un altro dei giovani accorsi alle Ciminiere sin dal primo giorno di prove, è convinto che Oltralpe abbiano trovato la maniera giusta per incentivare l’interesse all’istruzione universitaria: «In Francia fanno una cosa semplicissima: ammettono tutti, e poi se non superi un dato numero di materie ogni anno rischi di essere buttato fuori. Chi è motivato studia e va avanti, gli altri proseguono per altre vie».
E sono in molti ad essere d’accordo col concetto che la vera selezione avvenga a lezioni iniziate, e non prima.
Ad opporsi al nuovo assetto dell’Università di Catania anche molti tra ricercartori, docenti e studenti. Il Coordinamento unico d’Ateneo e i ragazzi dell’UDU si sono ritrovati davanti ai cancelli del centro fieristico per ricordare che, nonostante la riforma del ministro Gelmini prosegua il suo iter per l’approvazione, gli Atenei non ne trarranno alcun giovamento. «Le tasse saranno sempre più alte, la didattica peggiorerà a causa del blocco del turn over, i servizi diminuiranno per via del budget ridotto», ha spiegato il prof. Gianni Piazza, ricercatore della Facoltà di Scienze Poliche e membro del Coordinamento. «Il numero programmato crea delle barriere, con dei test d’ingresso molto discutibili, su cui sono vive le polemiche. Ma non sarà soltanto quello ad impedire che l’università sia di tutti: i costi sempre più esosi impediranno ad altri di continuare gli studi. Lo scenario che si prospetta è quello di atenei d’élite».
Stamattina, oltre duemilasettecento studenti si contenderanno i trecento posti in palio per la Facoltà di Medicina e Chirurgia, da sempre una delle più ambite. Domani, in più di mille cercheranno di accaparrarsi uno dei ventitrè posti a Odontoiatria e Protesi Dentaria, mentre il 6 settembre saranno quasi ottocento a sperare di entrare ai corsi di studi di Lingue e Letterature Moderne, per i quali sono stati concessi cinquecentotrenta posti.
Tra i più fortunati ci sono i ragazzi che sognano Giurisprudenza ed Economia: milleduecentocinquanta posti nel primo caso e cento in meno nel secondo caso, ambiti rispettivamente da milleseicento e millesettecento studenti. Ne rimarrebbero fuori, in totale, poco meno di un migliaio. Bruscolini.