La decisione è stata presa dal giudice per l'udienza preliminare Francesco D'Arrigo. L'inchiesta, scaturita da un blitz del novembre 2014, aveva portato a decine di arresti tra Catania e Palermo ed è considerata il naturale proseguimento dell'indagine Iblis sul legame tra mafia, politica e imprenditoria
Caronte, Enzo Ercolano rinviato a giudizio per mafia Considerato di uno «spessore criminale elevatissimo»
Per anni è stato uno degli imprenditori eccellenti della Sicilia orientale. I suoi camion attraversavano l’Italia in lungo e in largo, ma il suo fiuto per gli affari lo aveva spinto fino al settore marittimo individuando nelle autostrade del mare una nuova miniera d’oro. Enzo Ercolano adesso dovrà fare i conti con accuse pesanti. Il giudice per le indagini preliminari Francesco D’arrigo ha deciso di mandarlo a giudizio per mafia. Enzuccio è accusato dai magistrati della procura di Catania di essere «il principale esponente» della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Un doppio cognome figlio del vincolo di sangue che ha legato il padre Pippo – riconosciuto capomafia ormai defunto – con la sorella dell’altro boss Nitto Santapaola. A essere chiamate a processo sono anche altre 26 persone, tutte coinvolte nell’indagine antimafia Caronte, conclusasi con gli arresti del novembre 2014. Insieme a Ercolano nelle aule del palazzo di giustizia di piazza Verga ci saranno come imputati la sorella Cosima Palma e il cognato Concetto Palmino Distefano. Ma anche gli imprenditori Santo Massimino, Francesco Caruso e Giuseppe Scuto.
Secondo l’accusa, Enzo Ercolano avrebbe scalato le gerarchie imprenditoriali obbligando clienti e fornitori, che volevano operare nel mercato del trasporto su gomma, a rivolgersi alle sue imprese, impedendo alla concorrenza di operare in maniera libera. Uno strapotere collegato a «uno spessore criminale elevatissimo» che nel 2009, ad esempio, avrebbe costretto una ditta concorrente a rinunciare a un lavoro già ottenuto per il trasporto di materiale in favore della Geotrans dello stesso Ercolano. Il cognome dell’imprenditore e dei suoi congiunti viene affiancato anche a quello della Co.P.P. Srl. L’azienda, che gestisce una cava, era formalmente intestata alla sorella Cosima e al cognato Concetto ma avrebbe avuto in realtà come socio occulto proprio Ercolano. Come emerso durante le indagini, la Co.P.P. ha fornito negli anni sia il materiale per la costruzione del centro commerciale Centro Sicilia che il trasporto dello stesso tramite la Geotrans. La ditta si è occupata anche dei materiali per la realizzazione del mercato agroalimentare di Catania, di quelli per la realizzazione del centro commerciale Porte di Catania e del Sicily Outlet Village di Agira, in provincia di Enna. Oltre ai subappalti per l’autostrade Catania-Siracusa e Caltanissetta-Agrigento.
La fotografia degli affari dell’imprenditore, svelata dalle complesse indagini del Ros dei carabinieri, ha anche il nome della Servizi Autostrade del mare. Una società formalmente intestata a Francesco Caruso e alla consorte Stefania Di Napoli ma di fatto ritenuta gestita da Ercolano e dal capo provinciale di Cosa nostra Vincenzo Aiello. Tra il 2005 e il 2006 la società ha stipulato un contratto di noleggio di tre navi per collegare la Sicilia alla Calabria con la società Amadeus spa in parte riconducibile ad Amedeo Matacena, ex parlamentare nazionale condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente latitante a Dubai.
Tra le contestazioni che vengono mosse a vario titolo agli imputati c’è anche quella di aver «impedito o ostacolato il libero esercizio del voto per procurare consensi ad altri in occasione di consultazioni elettorali». La vicenda è direttamente collegata al partito degli autotrasportatori. Un movimento dietro il quale si celerebbero i nomi di Caruso e Scuto. I due nel 2009, in vista delle elezioni europee, avrebbero cercato di accreditarsi dall’allora presidente regionale Raffaele Lombardo. In occasione di quella tornata elettorale, il logo autonomista finisce così su decine di tir grazie a un’intesa elettorale ufficialmente formalizzata. A fare da garante per la buona riuscita dell’accordo, secondo gli investigatori, sarebbe stato il deputato regionale Giovanni Cristaudo (già condannato in appello per concorso alla mafia nel processo Iblis ndr).
Per vincere la nuova battaglia giudiziaria Enzo Ercolano ha deciso di affidarsi agli avvocati Francesco Antille e Fabio Federico. Quest’ultimo è anche il legale del fratello Aldo, condannato all’ergastolo per l’omicidio del giornalista Pippo Fava. In passato Enzo ha avuto la meglio in diversi processi. È stato assolto per non aver commesso il fatto nel procedimento scaturito dall’inchiesta Sud Pontino della procura di Napoli, che aveva svelato i legami tra Cosa nostra e Camorra nell’ambito dei trasporti. E ha goduto, grazie a una sentenza del 2002, di un risarcimento economico per ingiusta detenzione.