Tar Lazio conferma scioglimento comune di Giardinello «Condizionamenti mafiosi su elezioni comunali»

La Terza sezione del Consiglio di Stato ribalta la decisione del Tar del Lazio e conferma lo scioglimento del Comune di Giardinello, nel Palermitano, per infiltrazioni mafiose. I giudici hanno accolto infatti il ricorso presentato dalla Presidenza della Repubblica, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dal ministero dell’Interno e dalla prefettura di Palermo, risultando evidente «il condizionamento della vita amministrativa locale». Il sindaco del piccolo Comune, Giovanni Geloso, e altri consiglieri comunali ed assessori si erano rivolti al Tar laziale chiedendo l’annullamento dei provvedimenti che hanno condotto allo scioglimento e di essere reintegrati nelle funzioni. Il tribunale amministrativo aveva accolto il ricorso e il 24 marzo scorso, in esecuzione della sentenza, sindaco, giunta e Consiglio comunale sono stati nuovamente reinsediati nella pienezza dei loro poteri. I giudici del Tar avevano argomentato che «i denunciati contatti con la criminalità organizzata hanno riguardato in primo luogo non l’amministrazione oggetto del provvedimento impugnato e la relativa maggioranza consiliare, bensì ambiti politici vicini a precedenti Gruppi politici oggi di minoranza, che le denunciate frequentazioni – essenzialmente di tipo personale e privato e quindi sostanzialmente estranee, salvo casuali ed occasionali momenti, all’esercizio di funzioni pubbliche – vanno inquadrate nella fisiologica possibilità di rapporti personali ed affettivi nell’ambito della ristretta comunità presente in un piccolo Comune, e che le affermate irregolarità dell’attività della struttura amministrativa comunale, non sembrano però riconducibili ad un disegno unitario da cui possano evincersi fenomeni in atto d’infiltrazione mafiosa».

 Non la pensa così il Consiglio di Stato che ha richiamato, tra l’altro, l’esame delle intercettazione ambientali e telefoniche disposte nel corso dell’operazione investigativa Nuovo mandamento, da dove risulta «ben evidente come vi sia stato, anzitutto, un preciso condizionamento degli ambienti malavitosi locali e, in particolare, del locale boss mafioso, Giuseppe Abbate, sulle elezioni comunali di Giardinello e come l’appoggio di detto boss alla lista poi risultata vincitrice abbia determinato, al di là di ogni dubbio, un condizionamento degli organi politici da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso. E non giova in senso contrario assumere, come deducono gli appellati, che in realtà il locale capomafia appoggiasse altra lista, risultata poi perdente alle elezioni comunali, poichè l’esame delle intercettazioni rivela, al contrario, che la mafia condizionava e influenzava, con il peso dei ‘suoi’ voti, indistintamente tutte le liste e, per la sua influenza fattasi ormai pervasiva, era in grado di condizionare, comunque, la vita amministrativa locale anche prescindendo dal contatto con il candidato o gli esponenti di questa o quella singola lista». 


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