I tre figli di Placido Russo, titolare della società di vigilanza fallita nel 2001, sono accusati di riciclaggio. La segnalazione è partita dalla Banca d'Italia: dalle dichiarazioni dei redditi dei tre fratelli sarebbero emerse delle incongruenze che hanno portati alle indagini della guardia di finanza. Bloccati conti correnti, un appartamento in zona corso Italia e un locale a Capo Mulini
Sequestrati beni per oltre un milione e mezzo Fondi della Vigilnot Trinacria trasferiti in Svizzera
Avrebbero riciclato in Svizzera i proventi dei reati tributari e fallimentari che sarebbero stati commessi dal padre. Un patrimonio – che comprende anche un appartamento in zona corso Italia e un locale a Capo Mulini – dal valore di un milione 600mila euro. È l’accusa rivolta ai fratelli Damiano, Elisabetta e Pietro Russo, figli di Placido Russo, rappresentante legale della Vigilnot Trinacria. La società di vigilanza è stata dichiarata fallita nel 2001 con un passivo di circa quattro milioni di euro, un milione solo nei confronti dell’Erario. I finanzieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito il sequestro preventivo dei beni.
Le indagini sono partite dopo alcune segnalazioni di operazioni considerate sospette dalla Banca d’Italia. Dalle documentazioni fiscali dei tre fratelli – tutti residenti tra Catania e provincia – sarebbero emerse delle differenze tra quanto dichiarato e i capitali fatti rientrare nel 2009 dalla Svizzera grazie alla misura dello scudo fiscale. Le fiamme gialle hanno accertato come il denaro investito all’estero sarebbe stato precedentemente sottratto dal patrimonio della Vigilnot Trinacria. Dopo il rientro in conti bancari italiani, secondo la ricostruzione dei militari le somme sono state investite in fondi comuni, oppure incassate dopo l’emissione di assegni.
Un elemento di collegamento tra i soldi depositati in Svizzera e la presunta evasione fiscale sarebbe emerso nel corso di una verifica fiscale della compagnia della guardia di finanza di Caltagirone conclusa con la contestazione di ricavi per oltre tre miliardi di lire omessi al fisco tra il 1992 e il 1996. Un importo che – convertito in euro – secondo i calcoli degli inquirenti coincide con il denaro fatto rientrare dalle banche elvetiche. I bonifici sarebbero stati disposti dal titolare della società, Placido Russo.
I fondi – oltre un milione di euro – sono stati bloccati, così come l’immobile in centro e il locale ad Acireale.