Messina, Ardizzone interviene sul nodo ospedali «Piemonte all’Asp, o pronto soccorso a rischio»

Sanità messinese sempre più protagonista, in negativo, delle politiche della Regione Siciliana. La precaria gestione dei servizi di emergenza/urgenza in centro città, dove risiede un potenziale di circa 150mila utenti, è stata oggetto, oggi, di una conferenza stampa di Giovanni Ardizzone, presidente dell’Assemblea regionale siciliana, tenutasi nei locali dell’ospedale Piemonte. Il deputato ha messo in dubbio la sopravvivenza del pronto soccorso qualora andasse in porto il protocollo d’intesa sulla fusione con l’Irccs neurolesi Bonino Pulejo, auspicando, semmai, che a prendere in carico la struttura sia l’Azienda sanitaria provinciale.

Parallelamente, ha aperto il fronte del centro d’eccellenza oncologico del Papardo, illustrando una lettera di due giorni fa – rivolta, tra gli altri, ai vertici di palazzo d’Orleans, al sindaco di Messina e al ministro della Salute – in cui il direttore generale, Michele Vullo, chiede lumi sul dirottamento di quasi tre milioni e mezzo di euro di fondi europei proprio all’adeguamento dell’ospedale della zona nord della città per accogliere servizi e unità operative del presidio del centro cittadino. Le due vicende, la sopravvivenza del pronto soccorso e l’accorpamento, sono intimamente connesse. Tutto parte dal decreto Balduzzi, in vigore dal primo gennaio 2017, per il quale una stessa azienda ospedaliera non può avere doppioni. Per cui, la Ospedali riuniti Papardo-Piemonte può annoverare un solo presidio per le urgenze/emergenze.

Proprio per questa ragione, tuona Ardizzone, il protocollo d’intesa sulla fusione del Piemonte con il centro neurolesi è «solo fumo negli occhi». Il presidente dell’Ars ritiene che i 73 posti in palio non siano destinati al mantenimento del pronto soccorso ma all’attività riabilitativa, autentica mission dell’Irccs, al rispetto della quale lo stesso istituto è obbligato. Secondo l’esponente dell’Udc, al momento, «il pronto soccorso del Piemonte non c’è». L’unico rimedio è «riunire i direttori generali del neurolesi Bonino Pulejo, del Papardo-Piemonte e dell’Asp affinché quest’ultima prenda in carico il pronto soccorso fino al 31 dicembre 2016. A quel punto – prosegue – si verificherà la sussistenza di determinati standard di legge. Non è l’Irccs – obietta – che può salvare il Piemonte. Quindi, in atto, non abbiamo un pronto soccorso. Abbiamo altro».

Tutto questo, fa notare Ardizzone, nulla toglie al «legittimo» tentativo del neurolesi di cercare nuovi posti letto: «Gliene sono stati accreditati 155 ma ne ha attivati solamente 82. È normale che ne cerchi altri». Se da un lato, l’auspicio del presidente è che il pronto soccorso del Piemonte venga preso in carica dall’Asp di Messina, probabilmente l’unica d’Italia a non avere un proprio ospedale, dall’altro occorre fare i conti con una Regione, quella siciliana, che dirotta parte dei fondi del centro oncologico del Papardo per finanziare l’accorpamento con il nosocomio di viale Europa. 

Il centro di eccellenza, come si apprende dalla lettera di Vullo portata alla luce da Ardizzone, prevedeva in origine un impegno di spesa di circa 41 milioni di euro. Il manager contesta a Palermo di avere dovuto fare i conti, «alcuni mesi dopo l’insediamento», con «dispositivi medici e arredi ammassati in angusti locali senza essere mai stati inventariati e mai utilizzati con evidente danno erariale. È stata nostra cura – rileva – informare le autorità competenti compresa la presidenza della Regione». Il direttore generale lamenta, però, di non aver ricevuto alcun riscontro, ricevendo al contrario «continue richieste di chiarimenti e visite ispettive» per questioni alle quali «abbiamo risposto puntualmente». A farlo inalberare è il decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Regione il 10 ottobre 2014 ma del quale pare abbia avuto notizia solo tre giorni fa, il 21 luglio. Decreto firmato dal dirigente generale del dipartimento regionale per la pianificazione strategica, Salvatore Sammartano, con il quale si prende atto della variante da tre milioni 433mila euro per l’accorpamento con il Piemonte. «Sono stati spesi 38 milioni – lamenta – ma né il polo oncologico, né l’accorpamento dei servizi e delle unità operative sono stati perseguiti da tutti i soggetti, istituzionali e no, deputati a farlo. Siamo di fronte a una truffa ai danni dei cittadini».


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