Riforma porti, probabili due Autorità in Sicilia Cozzo: «L’unico hub può nascere ad Augusta»

«Meglio un bar in meno all’interno del porto, ma una nave in più». È la filosofia che guida Alberto Cozzo, da meno di un anno alla guida dell’Autorità portuale di Augusta. Commissario in un momento cruciale per il futuro dei porti siciliani, coinvolti, come tutti i principali scali italiani, nei progetti di riforma varati prima dall’ex ministro Maurizio Lupi e dal suo successore Graziano Delrio. Che pochi giorni fa – al magazine The Medi Telegraph, specializzato in trasporti – ha fatto intendere che ci sarà un’ennesima modifica nella nuova geografia delle autorità portuali: saranno 14 (e non più otto come trapelato a maggio). Tante quanti sono i porti che fanno al momento parte della rete Core, quelli considerati strategici dall’Europa. Se sarà confermata questa impostazione, la Sicilia non avrà un unico ente a gestire tutti i porti dell’Isola, ma due: Palermo per la parte occidentale e proprio Augusta per quella orientale. Mentre Messina dovrebbe essere inserita nell’Autorità di Gioia Tauro. 

Per Cozzo non potrebbe essere altrimenti. «Se si vuole realizzare un hub per le merci in Sicilia non può che stare ad Augusta», spiega. Facendo l’elenco delle condizioni favorevoli: «Un rada naturale unica e profonda, investimenti previsti per 200 milioni di euro tra il 2007 e il 2020, entro metà del 2016 finiremo le banchine e raddoppieremo gli spazi operativi. Siamo l’unico porto cluster – continua -, abbiamo cioè sia funzione cantieristica, che industriale, che militare. E abbiamo un bilancio con un avanzo di 150 milioni di euro». Diventare un hub significherebbe creare una piattaforma logistica in grado di attrarre grandi quantità di container e smistarli con diverse modalità di trasporto. «Ma sia chiaro che non avremo mai i numeri di Rotterdam – continua – sia perché manca un’adeguata rete infrastrutturale di terra alle spalle, a cominciare dalle ferrovie, sia perché la Sicilia non produce e non consuma, addebitare i problemi del traffico merci alla cattiva amministrazione dei porti è riduttivo». 

La convivenza con Catania, secondo il commissario, dovrebbe essere naturale. «Sarebbe stupido farsi concorrenza, perché puntiamo su aspetti diversi: Catania è ideale per le crociere e per i traghetti merci, a maggior ragione quando sarà pronta la darsena commerciale». Ecco che si ripropone il porto dello Jonio, un unico ente che metta insieme i porti della Sicilia orientale. Idea che torna d’attualità soprattutto per la marcia indietro di Delrio. «Creare un’unica autorità portuale come era stato anticipato qualche settimana fa sarebbe stato un errore – precisa Cozzo – come passare dai consigli di quartiere (le attuali 24 autorità portuali ndr) ai governatori di macro regioni». E cita il caso di Gioia Tauro. «In Calabria c’è già un’unica autorità portuale e le periferie soffrono la lontananza della centrale operativa». Enti troppo grandi, secondo Cozzo, finirebbero per essere «enti di pensiero, incapaci di gestire realmente i porti». 

Il commissario di Augusta è avvocato specializzato in Diritto marittimo. «Quando è stato dato l’annuncio della mia nomina, la prima agenzia ha battuto: “nuovo commissario, catanese” – racconta – il localismo è un grande freno, è innegabile che le autorità per tanto tempo sono state gestite con una logica spartitoria, come troppe cose in questo Paese». Ed è questo uno dei motivi per cui si continua a parlare di porto dello Jonio, ma non è stato ancora realizzato. E Catania ed Augusta si presentano ai nastri di partenza della nuova riforma ancora divise. Nel porto etneo è pronta la nuova darsena, anche se l’inaugurazione slitta di mese in mese. E il prossimo passo sarà quell’apertura del porto alla città – attraverso l’abbattimento del muro di cinta dal lato di Piazza Borsellino – chiesta da tante associazioni cittadine e sposata dall’amministrazione Bianco. Idea che non piace a Cozzo. «Quando sento frasi come “riprendiamoci il porto” mi vengono i brividi – spiega – il porto è delle navi, non si guarda da terra, ma dal mare. Più navi sono invogliate ad approdare, più persone arriveranno. Il problema – conclude – è come invogliarle ad uscire e godersi la città». 


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