Pescatori, scienziati, imprenditori e autorità locali. Punta a fare sistema e a diventare capillare il progetto Nettag+, pensato per contrastare le reti fantasma in mare che, secondo una recente indagine di Ispra, causano ogni anno la morte di circa un milione di uccelli marini e 100mila mammiferi, oltre a un danno ambientale, con l’86 per cento dei […]
Progetto Ue contro le reti fantasma, i pescatori siciliani rappresentano l’Italia: l’esperimento a Patti
Pescatori, scienziati, imprenditori e autorità locali. Punta a fare sistema e a diventare capillare il progetto Nettag+, pensato per contrastare le reti fantasma in mare che, secondo una recente indagine di Ispra, causano ogni anno la morte di circa un milione di uccelli marini e 100mila mammiferi, oltre a un danno ambientale, con l’86 per cento dei rifiuti marini derivanti proprio dalla pesca. Un problema particolarmente sentito nel Mediterraneo e che, in Sicilia, ha portato a recuperare dai fondali tre tonnellate di reti da pesca abbandonate solo tra Siracusa, Avola e Milazzo. Adesso, il nuovo progetto finanziato dall’Unione europea punta a prevenire, evitare e mitigare gli effetti degli attrezzi da pesca. Attraverso speciali segnalatori acustici applicati alle reti e rilevati con il gps, per permetterne il recupero da parte degli stessi pescatori. Una sperimentazione che coinvolge 15 partecipanti da sette paesi diversi: Croazia, Spagna, Portogallo, Malta, Regno Unito. E l’Italia, rappresentata a livello nazionale dal Wwf, ma con un unico referente locale proprio in Sicilia: La Cooperativa generale della pesca di Portorosa, con sede a Furnari, nel Messinese. E sempre sull’Isola è stato condotto negli scorsi mesi uno dei primi esperimenti del progetto, proprio insieme ai pescatori siciliani. Che condividono la ricerca di soluzioni a un problema che, per il loro lavoro, significa innanzitutto perdere tempo e denaro.
Prevenire, evitare e mitigare gli effetti delle reti fantasma in mare
Nettag+ si sviluppa in tre direttrici, che coinvolgono diversi attori. Si comincia con la prevenzione tramite i pescatori, chiamati a diventare «custodi e pulitori» del mare, anziché inquinatori. L’idea è quella di cambiare il paradigma della pesca, rendendola un’attività sempre più sostenibile per l’ambiente. Ad esempio, promuovendo una migliore gestione dei rifiuti a bordo e il possibile utilizzo di materiali alternativi. Ma anche, sul territorio, favorendo la raccolta e il trattamento dei rifiuti nei porti di pesca. E premiando il recupero di spazzatura marina effettuato dai pescatori passivamente, solo raccogliendo le proprie reti distese in mare. Intanto, però, è necessario anche evitare gli effetti dannosi. Qui si inserisce l’attività di progetto e sviluppo di segnalatori acustici da applicare agli attrezzi, per migliorarne mappatura, tracciamento tramite gps e recupero. Un sistema che dev’essere semplice, rapido ed economico, così da permetterne l’uso autonomo da parte dei professionisti del mare e la sua diffusione. Alle attrezzature già disperse nei fondali, infine, pensa il terzo settore del progetto, quello che punta a mitigare il danno tramite il rilevamento e rimozione di attrezzi da pesca abbandonati o persi. Anche con lo sviluppo – in collaborazione tra società tecnologiche e pescatori – di appositi robot capaci di rilevarli e recuperarli.
L’esperimento condotto in Sicilia, con scienziati e pescatori
Una normale giornata di pesca, ma affiancata dagli studiosi del progetto Nettag+. È quella che si è svolta a Patti, nel Messinese, a fine maggio, per testare, per la prima volta, sia i segnalatori acustici che lo speciale robot pulitore durante una pesca reale e non simulata. I pescatori della cooperativa partner del progetto hanno applicato loro stessi alle reti il tag, creati dall’università di Newcastle e dall’azienda del Regno unito Succorfish. La rete è stata subito individuata dall’unità di localizzazione in superficie e visibile a schermo tramite un’apposita app, nonostante si trovasse a una distanza orizzontale di quasi 1,4 chilometri e a una profondità di 20 metri. Subito dopo, è entrato in funzione l’Auv Iris, progettato dagli ingegneri robotici di Inesctec, in Portogallo, con una tecnologia sonar avanzata in grado di localizzare gli attrezzi da pesca smarriti fino a 500 metri di profondità. E per evitare che lo stesso robot utilizzato per tracciare e recuperare potesse avere degli effetti negativi sull’ambiente, era presente anche Ciimar, centro di investigazione marina e ambientale portoghese, che – prima e dopo – ha monitorato i parametri dell’acqua con una sonda multiparametrica e misurato il suono con un idrofono. Un esperimento e uno studio in ambiente reale, ma anche una collaborazione a stretto contatto tra scienziati e pescatori, ognuno apportando le proprie conoscenze. Tutte indispensabili affinché Nettag+ possa aspirare a non rimanere solo sulla carta e ad essere veicolato.



