La droga sull’asse Catania-Calabria e l’ingrosso di ferramenta. Gli involucri di cocaina chiamati «picciriddi»

Un cancello in ferro, al civico 499 di via Palermo, aperto solo quando veniva riconosciuto l’acquirente. Una stradina sterrata che costeggia il torrente Acquicella dal quale si accedeva all’interno di un edificio che un tempo era adibito a stalla e infine una rientranza, con un altro cancello, al civico 473, sempre di via Palermo. Sono questi gli snodi fondamentali dello spaccio di droga a Catania scoperti dagli agenti di polizia durante le indagini che hanno portato al blitz Cemento: 18 persone arrestate e 32 indagati in tutto. A dividersi il mercato, con un’ulteriore piazza di spaccio succursale nel quartiere Villaggio Sant’Agata, sarebbero stati due gruppi. In via Palermo 499 avrebbe operato un clan a gestione familiare con al vertice Sebastiano Giovanni Buda. Con lui, secondo le accuse, avrebbe lavorato il genero Antonino Cocuzza. Gli indagati, come emerso nell’ordinanza di custodia cautelare, quando parlavano del prezzo della droga avrebbero fatto riferimento anche al noleggio di macchine e motorini. Una Fiat Panda pagata 43 euro al giorno? Troppo cara. Fare un nuovo noleggio? Prima bisognava pagare quello precedente, probabilmente riferendosi a una partita di droga che doveva essere ancora saldata.

Come ogni piazza di spaccio al dettaglio l’organizzazione Buda-Cocuzza sarebbe stata di tipo piramidale. Per gli inquirenti un ruolo di vertice sarebbe stato quello assunto proprio da Cocuzza insieme al cognato Buda. L’uomo, attraverso una radio, in alcune occasioni avrebbe gestito gli affari comodamente seduto nel salotto di casa. Un abitazione, sorvegliata da due telecamere, che si trova sempre in via Palermo, quasi a ridosso del civico 499. Nella fascia intermedia della piramide vengono collocati altri indagati come Salvatore Assennato e Francesco La Spina, entrambi specializzati nelle consegne a domicilio di cocaina e crack.

Altro civico fondamentale in questa inchiesta è il 473, sempre in via Palermo, a Catania. Qui avrebbe curato i suoi affari – ma all’ingrosso – Francesco Platania, con la complicità di diversi suoi familiari. A Platania si deve il nome del blitz, essendo conosciuto come Franco do cemento (Franco del cemento, ndr). Platania è un personaggio molto conosciuto nel mondo mafioso del capoluogo etneo, anche se in questa inchiesta non gli vengono contestatati i legami con Cosa nostra. L’8 ottobre 2009 prese parte a quella che forse è stata l’ultima grande riunione della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Un summit, nelle campagne di Belpasso, interrotto da un blitz del Reparto operativo speciale dei carabinieri. Da gettare c’erano le basi per una guerra di mafia con i rivali del clan Cappello e per questo motivo si ritrovarono allo stesso tavolo, oltre a Platania, personaggi del calibro di Vincenzo Aiello, Santo La Causa, Rosario Tripodo, Carmelo Puglisi e Ignazio Barbagallo.

A casa Platania avrebbero fatto più volte tappa i trafficanti di droga provenienti dalla Calabria Un carico di cocaina venne scaricato il 7 aprile 2022 con la complicità di Maria Francesca Nicotra, moglie di Platania, e di Maria Concetta Barbanera (figlia della donna, ndr). La droga poi sarebbe stata spostata, così come in altre occasioni, in un vicolo del rione San Cristoforo per essere confezionata in involucri da commercio all’ingrosso da 10, 20 e 30 grammi, chiamati «picciriddi (bambini, ndr) e altri da 50, 100 e 200 grammi.

Decisivo nell’inchiesta è il 12 settembre 2022. Quel giorno la polizia riesce ad arrestare in flagranza di reato Maria Concetta Barbanera e la cugina Angela Bottino. In macchina vengono trovate con 13 grammi di cocaina, ma è a casa di Bottino che gli agenti mettono a segno il colpo grosso recuperando poco più di sei chilogrammi di polvere bianca. Le perquisizioni non si fermano e al civico 473 di via Palermo vengono recuperati ben 78mila euro in contanti. Nicotra non ha un ruolo casuale in questa storia. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la casa della donna – in via delle Carote – sarebbe stata trasformata in un laboratorio per la lavorazione dei panetti di cocaina. Forbici, bilancini, scotch e frullatori sarebbero stati gli strumenti indispensabili per il confezionamento delle dosi ai soggetti riforniti all’ingrosso dall’associazione criminale. II luogo principale dove sarebbero avvenute le consegne di droga sarebbe stato un negozio di materiale edile di Damiano Platania, figlio di Francesco Platania. Si tratta di un locale nei pressi di via della Concordia, specializzato in sanitari, arredi bagno, movimento terra, trasporto con autogru e a quanto pare cocaina.


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