Sono andato alla Cittadella di buon mattino per vedere se le lamentele degli studenti riguardo la carenza di posti sono giustificate. E ho scoperto che a Catania esiste un nuovo drive-in, dove vige la legge del più mattiniero La photogallery di una mattina di follia
Una mattina di ordinaria follia
Le lamentele degli studenti della Cittadella si sono fatte sempre più insistenti. La mancanza di un adeguato numero di posti auto dove lasciare la propria vettura è sentito ormai come un forte disagio da parte della popolazione studentesca. Ma come mai adesso queste lamentele si sono inasprite? Non è sempre stato un problema trovare posto alla Cittadella? Qual è la novità?
La novità si chiama SoStare. La società che gestisce le famigerate strisce blu ha infatti deciso di adottare la linea dura contro il cosiddetto ‘parcheggio selvaggio’ praticato dagli studenti, dando il via ad una massiccia opera di “dissuasione” verso quanti decidano di lasciare la propria autovettura ove non regolarmente consentito. Fioccano le contravvenzioni dunque, ma anche le rimozioni sono oramai all’ordine del giorno.
Qual è il risultato di questa sorta di strategia del terrore è sotto gli occhi di tutti. Ogni mattina si scatena la caccia forsennata al posto. Chi è più mattiniero, o più spregiudicato, riesce ad accaparrarsi un parcheggio sicuro e rimane dentro la propria vettura. Gli altri rimangono a bocca asciutta o sono costretti a recarsi al nuovo parcheggio di Via S. Sofia, dove una sosta di mezza giornata per gli studenti universitari muniti di pass costa 70€/cent. C’è di buono che almeno è previsto un servizio bus-navetta, compreso nell’importo della sosta, che effettua fermate dentro la Cittadella, al CUS e al Policlinico. Chi invece proprio non ha voglia di salire fino al parcheggio, sceglie di sistemare la macchina nelle viuzze davanti il complesso universitario, affidandosi al classico parcheggiatore abusivo.
Per verificare la situazione con mano ho deciso di fare un giro anch’io per la Cittadella:
ore 7:05: Il freddo pungente della mattina ed una timida alba che si affaccia sul Lungomare mi fanno compagnia durante la strada che mi separa dalla Cittadella universitaria. “Devi venire presto, altrimenti non puoi fare le foto”, mi è stato consigliato.
ore 7:15: Dopo aver mostrato diligentemente la tassa di iscrizione alla guardia giurata all’ingresso, faccio un breve giro e noto che i posti sono quasi tutti liberi. Solo pochi studenti sono ben riparati all’interno delle loro vetture. Mi fermo, faccio qualche foto e risalgo in macchina.
ore 7:25-35: Nel giro di una decina di minuti entra una lunga fila di automobili con qualche emulo di Schumacher alla guida. Quasi tutti i posti liberi adesso sono occupati. Solo pochi scendono dalle macchine. Documento il tutto con la mia macchina fotografica.
ore 7:40: Non c’è più un parcheggio libero nemmeno vicino al CUS. La capienza totale di 800 posti disponibili si è esaurita in una ventina di minuti. Per il resto degli studenti si prospetta una brutta mattinata. La tensione cresce e cominciano le prime scaramucce.
Dopo aver assistito all’immediato riempimento dei posti disponibili, decido di andare a fare qualche domanda agli studenti che stazionano dentro le loro auto. Il primo lo trovo nel parcheggio antistante la Facoltà di Fisica: è Giacomo, studente al I anno di Fisica. Gli chiedo perché sia venuto così presto in facoltà. “Venire prestissimo la mattina è l’unico modo per riuscire a parcheggiare. Se sgarri anche solo di dieci minuti sei fregato”. “Ma hai lezione presto?”, chiedo. “Sì, oggi ho lezione alle 8, quindi non mi cambia granché, ma vengo a quest’ora anche quando ho lezione alle 10”. Ringrazio Giacomo e mi dirigo verso l’uscita del parcheggio. Due transenne mi sbarrano la strada. Il parcheggio è stato chiuso per ritinteggiare i pali della luce al suo interno. Un intero parcheggio chiuso solamente per ritinteggiare dei pali? Mi sembra assurdo, considerando che i macchinari usati dagli operai non occupano che poco spazio, e nemmeno all’interno delle aree di sosta. “E le macchine all’interno?”, chiedo ad uno degli operai. In risposta ricevo un laconico: “Se qualcuno deve uscire lo facciamo uscire. Arrivederci”.
Uscito dal parcheggio, Giuseppe, 3° anno di Informatica, mi viene incontro. Mi ha visto chiedere in giro e fare foto e si incuriosisce. “Ciao, scusami, devi scrivere un articolo?”. “Sì, devo fare un pezzo sul problema dei parcheggi qui alla Cittadella”, gli rispondo ed approfitto per sentire il suo parere. Giuseppe mi dice che “prima erano le 9 l’orario limite in cui rischiavi di non trovare posto. Adesso alle 7:40 sei già in zona off-limits. I tempi si sono accorciati di un’ora e mezza!”. Mentre parliamo, assisto al primo incidente mancato della giornata. Un ragazzo ha superato in maniera spericolata una ragazza che si apprestava a parcheggiare dall’altro lato della strada. Ci saranno diverse altre scene simili da lì a poco, per fortuna senza spiacevoli conseguenze. “E non parliamo poi di quando ci sono le lauree o le manifestazioni a Fisica” – continua Giuseppe – “In quei casi chiudono il parcheggio e la situazione peggiora. Non se ne può davvero più”.
L’ultima ad essere fermata è Valentina, studentessa al 1° anno di specialistica in Automazione. E’ suo il commento più originale: “Ormai qui la mattina sembra un drive-in. Stiamo tutti accucciati nelle nostre macchine con il riscaldamento al massimo e la musica accesa. Qualcuno studia anche”. Ma non c’è solo chi studia o ascolta musica. Sorprendo infatti Roberto, 1° anno di ingegneria elettronica, intento a giocare con la sua PSP. “Sono qua dalle 7:10, che devo fare? Almeno passo il tempo!”. E come dargli torto?
Per il resto della mattinata è tutto un continuo viavai di studenti che girano indefessamente alla ricerca del posto, alcuni che si appostano parcheggiati in doppia fila aspettando pazientemente che qualcuno esca (mi piace definire questa categoria “appostoni”), ed altri che litigano nel tentativo di affermare la loro priorità su una zona di strisce bianche o perché la vettura davanti fa inversione di marcia all’improvviso, senza nemmeno mettere la “freccia”. Il nervosismo è palpabile e gli unici a non risentirne sembrano i possessori dei motocicli, i docenti ed il personale tecnico-amministrativo, risparmiati da questa sorta di caccia al tesoro perché graziati dall’avere dei parcheggi riservati.
Quando decido di avere abbastanza su cui scrivere e mi accingo ad andare via, assisto alla scena più incredibile in questa mattinata di ordinaria follia. Un ragazzo, stanco di decine e decine di giri infruttuosi, decide di compiere un gesto estremo proprio davanti ai miei increduli occhi. Senza troppe remore, sfila una contravvenzione dal parabrezza di un’auto in sosta irregolare e la porta via con sè, per poterla esporre sulla sua vettura e garantirsi così un parcheggio sicuro. “Almeno oggi riuscirò a parcheggiare” mi dice sorridendo. Poi risale in macchina e si allontana velocemente.
Pigramente torno sui miei passi verso la macchina che ho lasciato poco più in là. “Scusa stai uscendo?”, mi chiede un “appostone” quando si accorge che rovisto nel giubbotto in cerca delle chiavi. “Sì, sei fortunato”.