Migranti al freddo, l’ombra del disastro 2011 alle porte

NOTTE ALL’ADDIACCIO SULLA BANCHINA PER UN GRUPPO DI MIGRANTI, IL CENTRO DI ACCOGLIENZA NON FUNZIONA E CON L’AEROPORTO CHIUSO A LAMPEDUSA SALTANO PURE I COLLEGAMENTI MARITTIMI

di Mauro Seminara

La recente ripresa dei viaggi della speranza sta causando in Sicilia un insieme di disagi qualificabili soltanto come risultato di inadeguatezza e pressappochismo. Sono stati sufficienti poche migliaia di migranti per mandare in tilt il dispositivo di soccorso, far collassare il sistema di accoglienza e far saltare i trasporti.

Il Sindaco di Lampedusa, tutt’altro che disposta a soprassedere, parte all’attacco e intima al Dipartimento per le libertà civili di non considerare l’isola quale scalo per i migranti soccorsi da Mare Nostrum per i prossimi giorni. E lo fa con un comunicato al curaro. Il motivo della violenta reazione consiste nel modo in cui è stata gestita la staffetta, tra motovedette e nave di linea, di trasferimento dei 480 migranti soccorsi a sud di Lampedusa. I guardacoste e le motovedette che avevano partecipato al soccorso di due barconi si erano attenute alle consegne sbarcando i quasi 500 migranti soccorsi nel porto pelagico. Dal molo militare dello stesso porto, con l’ausilio dei pullman e del personale di Lampedusa Accoglienza, gli immigrati sono stati accompagnati a bordo della nave-traghetto di linea. Questa però ha subito un ritardo di quattro ore, ha negato un arrivo che potesse garantire in tempo il pescato dell’isola nei mercati ittici e, infine, ha saltato la corsa del giorno successivo. La Compagnia delle Isole, ex Siremar, era però più che legittimata a saltare la tratta di venerdì verso Lampedusa: la nave doveva infatti essere sanificata. Le persone che hanno viaggiato a bordo, per ordine della Prefettura di Agrigento, erano appena giunte da un viaggio clandestino. In estrema sintesi, possiamo dire che erano sprovvisti di documenti e di garanzie sanitarie. A bordo del traghetto, in linea del tutto teorica, poteva quindi viaggiare qualunque tipo di affezione virale, dalla scabbia alla tubercolosi.

Il Sindaco Giusi Nicolini scrive a tutti, al Ministero degli Interni e a quello dei Trasporti, fino al Prefetto di Agrigento e alla Capitaneria di Porto. Una interrogazione formale con cui il Comune di Lampedusa chiede chiarimenti e certificazioni. Chiede “se e quando sia stata effettuata la sanificazione della nave (con trasmissione della necessaria certificazione) atteso che la soppressione del servizio pubblico di collegamento con le isole più lontane d’Italia è stata motivata dall’obbligo di tutelare la pubblica igiene e sanità”. A questo segue anche il dubbio lanciato dalla Nicolini sulla effettiva sanificazione, assunto dal primo cittadino che oggi alcune cabine non sarebbero state disponibili per i passeggeri. Infine l’affondo: l’aeroporto di Lampedusa è chiuso, e resterà tale fino a martedì, perché interessato da lavori alla pista di atterraggio quindi “si chiede di evitare, da ora in poi, di far gravare sul già precario collegamento marittimo anche il peso del trasferimento delle persone soccorse da Mare Nostrum”. L’interrogazione del Sindaco però viene firmata e spedita mentre a Lampedusa arrivano undici migranti tunisini. Per loro non è previsto un volo perché l’aeroporto è chiuso, non ci sarà un trasferimento in nave perché non arriverà prima delle nove di domani mattina, con i guardacoste non è il caso e il centro di accoglienza è ancora chiuso causa estrema lentezza nei lavori di ristrutturazione. Per chi decide, la soluzione in questo caso pare essere la più semplice: trascorreranno buona parte della notte al gelo del Molo Favarolo, all’aperto, in attesa che una delle navi della Marina Militare in transito venga a prenderli e li accompagni insieme al suo “carico” di migranti fino a un porto siciliano. Fortunatamente Don Mimmo Zambito, il parroco di Lampedusa, si è adoperato procurando ai poveretti delle coperte con le quali resistere al freddo e affrontare la notte all’addiaccio.

Tra i soliti varchi e il nuovo corridoio apertosi presso Bani Waled, a sud-est di Tripoli, il flusso di migranti diretti in Europa attraverso il nostro paese è ipotizzabile di cinquanta o sessantamila nell’arco dell’anno in corso. Apparentemente già gli oltre cinquemila immigrati giunti negli ultimi tre giorni dovrebbero aver fatto collassare i centri di prima accoglienza improvvisati di Augusta, Pozzallo, Porto Empedocle e di tutta la filiera che segue. La realtà è diversa. Solo un terzo, se non addirittura un quarto, dei migranti permane nelle strutture, il resto fugge già nelle prime 36 ore. Quindi, su cinquemila migranti soccorsi e accolti negli ultimi giorni, circa quattromila sono già “irreperibili”. Anno dopo anno ci si trova costretti ad assistere agli stessi copioni. La traccia degli improbabili sceneggiatori è sempre la stessa: si lancia l’allarme “invasione” e ci si lava le mani come Pilato, ci si fa trovare estremamente impreparati urlando “emergenza”, infine si chiede l’intervento – esclusivamente economico – dell’Europa per far fronte alle “difficoltà” del piccolo disastro umanitario, nel più dei casi ambientato a Lampedusa. Il tutto con la recidiva, ciclica, prevedibile coincidenza della concomitante apertura di una campagna elettorale.


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