Il trattato di Velsen, ovvero i mercenari del XXI Secolo in giro per l’Europa…

E’ UNA FORZA MILITARE CHE NON HA NULLA A CHE VEDERE CON L’UNIONE EUROPEA. NON HA UNA SEDE FISSA. A CHI SERVE? E PER FARE CHE COSA? IL RUOLO DELL’ARMA DEI CARABINIERI

In vista della prossima campagna per l’elezione dl nuovo Parlamento europeo stiamo scandagliando tutte le questioni che riguardano l’Unione europea come si va configurando al fine di assicurare ai nostri lettori quanta più materia di riflessione sul tema Europa e le sue prospettive.
Questa volta abbiamo colto una notizia su ‘L’infiltrato.it’ che riguarda il trattato di Velsen “Mission and tasks”, ratificato dalla Camera dei deputati, alla unanimità, con un solo astenuto, il 14 maggio 2010 e dal Senato, sempre alla unanimità, il 12 giugno dello stesso anno.
Direte voi: ma che notizia è quella che si riferisce ad un fatto ufficiale avvenuto oltre tre anni addietro? Giusto. La risposta è: ne avete avuto notizia dalla stampa o dal dibattito pubblico, sia in prossimità dell’evento e sia successivamente?
La spiegazione del silenzio che accompagna l’evento è tutta nella gravità dell’evento stesso. Il Trattato di Velsen (Olanda) – del 18 ottobre 2007 – istituisce l’Eurogendfor: “Una forza di gendarmeria europea operativa, preorganizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi, composta unicamente da elementi delle forze di polizia a statuto militare delle Parti, al fine di eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi”.

L’operazione Eurogendfor non ha nulla a che vedere con l’Unione europea e ciò è espressamente precisato nel testo stesso del trattato a conclusione delle premesse, laddove reca che esso viene stipulato “…al fine di contribuire allo sviluppo dell’Identità europea di Sicurezza e di Difesa e rafforzare la Politica europea di Sicurezza e di Difesa”.
In definitiva, quest’atto è da ritenere un contributo che le nazioni stipulanti hanno inteso recare al possibile, futuro trattato dell’Unione sul tema.
Il trattato sottoscritto da Spagna, Francia, Italia, Olanda e Portogallo si apre con due riferimenti assai significativi e cioè il Trattato Nato del 4 aprile 1949 e l’accordo preliminare Nato sullo statuto delle forze del 19 giugno 1951, nonché l’atto costitutivo dell’Onu e la risoluzione finale dell’Ocse dell’agosto 1975. In effetti, nel trattato viene fatto riferimento al Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001, ma in questo gli unici riferimenti alle forze di polizia riguardano l’Eurojust e cioè al coordinamento di operazioni giudiziarie e di polizia riguardanti la lotta alla criminalità organizzata. (a destra, foto tratta da sottovoce360.blogspot.com)
La questione di fondo al riguardo di questo trattato è che non ha nulla a che vedere con l’Unione europea, per il fatto stesso che nessun organismo europeo (Parlamento, Consiglio o Commissione) ha preso parte alla sua stesura, né esiste alcuna risoluzione a tale proposito di qualcuno degli organismi istituzionali dell’Ue. Si tratta, quindi, di un trattato intervenuto tra alcuni membri dei 27 Paesi aderenti all’Unione che hanno preso questa iniziativa.
Trattato che vincola i Paesi promotori al rispetto delle condizioni sottoscritte. Anche se, bontà loro, i cinque hanno previsto l’impiego dell’Eurogendfor su decisione, in primis, della Nato, poi dell‘Onu, quindi della Ue e dell’Ocse. In ultimo su richiesta di qualsiasi altra combinazione di alleanze possa nascere a seguito di un evento specifico.
I cinque sottoscrittori di questo accordo hanno istituito, scusate l’eccesso linguistico, una specie di forza mercenaria pronta ad intervenire sui punti di crisi a richiesta di questo o quell’altro soggetto interessato all’intervento medesimo. Tanto è vero che il suo impiego non richiede alcun mandato specifico da parte di qualunque organo istituzionale dell’Unione europea. Decidono tutto loro e cioè gli organi che a questo fine i cinque contraenti hanno previsto: il Phq, quartiere generale multinazionale, con sede a Vicenza ed il Cimin, alto commissario interministeriale – nella definizione formale, Comité InterMinisteriel de haut Niveau – che è l’organo decisionale. Di questo organismo non è precisata la sede, il che può significare che la sua sede è vagante, si riunisce un po’ qua un po’ là. Ma avrà pure un luogo dove tenere le ‘carte’ e gli uffici, o no?

Ancora un paio di notazioni sulle quantità della consistenza di questo apparato, nonché sulle competenze concrete che esso è chiamato a svolgere. Con riguardo alle prime, l’organico prevede una forza attiva di circa 800 gendarmi e di 1500 di di riserva. Il Quartiere generale (il già citato PHQ) è composto da 16 ufficiali e 14 sottufficiali, di cui italiani rispettivamente 6 e 5; mentre per quel che riguarda il Comin è composto da 10 persone, un rappresentante degli Esteri e l’altro per la Difesa di ciascun Paese sottoscrittore.
Con riferimento alle competenze, in concreto esse sono così sintetizzabili: garantire l’ordine pubblico e la sicurezza; fungere da polizia giudiziaria (ma non è specificato su mandato di quale autorità giudiziaria); controllo, consulenza e supervisione della polizia locale; dirigere la pubblica sorveglianza; condurre operazioni di Intelligence e, infine, assolvere alla funzione di polizia di frontiera.

Quanto fin qui descritto rappresenta in sintesi il contenuto del Trattato di Velsen. Ora vogliamo ricavare alcune semplici considerazioni a margine di quanto abbiamo riportato.
In primo luogo la partecipazione italiana alla costituzione di questo corpo di gendarmeria europea vede impegnati i nostri Carabinieri, in quanto la composizione della Eurogendfor prevede l’impiego di forze di ‘polizia a statuto militare’. Non sappiamo qual è il contingente con il quale l’Italia parteciperà alla formazione delle 2300 unità, tra forze attive e riserve, che la costituiscono. In ogni caso, si tratterà di alcune centinaia di unità dell’Arma ‘nei secoli fedele’, ma che si troverà subordinata al “controllo, consulenza e supervisione” dell’Eurogendfor.

Quindi, fedele a chi? E di conseguenza, che fine farà l’Arma?

In secondo luogo, non va sottaciuto che quest’operazione è stata condotta dal governo presieduto da Silvio Berlusconi e ‘curato’ dal suo ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Lo stesso che ha insistito presso gli Stati Uniti affinché il Muos, l’impianto di spionaggio satellitare, venisse installato in contrada Ulmo, a Niscemi.
In terzo luogo, che Parlamento è il nostro se ratifica un trattato internazionale, senza riferimenti istituzionali, a vanvera, senza porsi qualche elementare interrogativo sulla natura e sulle finalità del trattato medesimo?

Ci è permesso di dire: che vergogna?

 


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