L’incredibile testimonianza dell’economista Milton Friedman, che nel 1998, sull’euro, aveva anticipato tutto

QUINDICI ANNI FA, IN UN’INTERVISTA AL ‘CORRIERE ECONOMIA’, IL PREMIO NOBEL PER SPIEGAVA PER FILO E PER SEGNO I GUAI CHE AVREBBE PROVOCATO LA MONETA UNICA EUROPEA

Sembra incredibile, ma già nel 1998 Milton Friedman (nella foto a sinistra), premio Nobel per l’economia, liberale fino al midollo, scuola di Chicago, aveva previsto tutto. Lo racconta il sito ‘Una scelta diversa’ ripescando un’intervista

A Friedman pubblicata sul Corriere Economia (supplemento economico del Corriere della Sera) il 23 marzo 1998. Il titolo dell’intervista dice già tutto “La moneta unica è un soviet”

“Niente di sbagliato, in generale, a volere un’unione monetaria – diceva Friedman poco meno di quattro anni prima dell’entrata in vigore dell’euro -. Ma in Europa c’è già ed è quella esistente di fatto tra Germania, Austria e Paesi del Benelux. Niente vieta che l’Italia, se ci tiene, aderisca. Per il resto è una costruzione non democratica“.

“Più che unire – diceva allora il grande economista liberale – la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica le questioni economiche. Ma soprattutto l’euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica sempre più accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo progetto e pensa che lo guiderà in futuro vanno in direzione dirigista…”.

In pratica, è quello che è avvenuto: a dirigere l’euro, oggi, è la Banca Centrale Europea (BCE) controllata dalla Germania. Friedman, quattro anni prima dell’avventura euro, diceva senza mezzi termini che l’esperimento non avrebbe funzionato: “Non vedo la flessibilità dell’economia e dei salari e l’omogeneità necessaria tra i diversi Paesi, perché l’euro sia un successo. Se l’Europa sarà fortunata e per un lungo periodo non subirà shock esterni, se sarà fortunata e i cittadini si adatteranno alla nuova realtà, se sarà fortunata e l’economia diventerà flessibile e deregolata, allora tra 15 o 20 anni raccoglieremo i frutti. Altrimenti sarà fonte di guai”.

I guai sono arrivati. Non subito, perché fino al 2008, non senza speculazioni sui prezzi, bene o male – più nel male che nel bene, almeno in Italia – ha funzionato. Ma dal 2008 in poi assistiamo al grande crollo. E agli europeisti un po’ falliti che si rifiutano di prendere atto di un grande fallimento che è culturale prima che economico e finanziario.

Alla domanda del giornalista: Che cosa prevede succederà?, il premio Nobel per l’economia rispondeva così: “Una riduzione della libertà di mercato. A Francoforte un gruppo di banchieri centrali deciderà i tassi d’interesse… Finora, le economie, come quella italiana, avevano una serie di libertà, fino a quella di lasciar muovere il tasso di cambio. Ora, non l’avranno più. L’unica opzione è quella di fare pressione sulla Ue a Bruxelles, perché fornisca assistenza di bilancio e sulla Banca Centrale Europea, perché faccia una politica monetaria favorevole. Aumenta cioè il peso dei governi e delle burocrazie, diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come all’inizio del Novecento col Gold Standard, l’Europa aveva già una moneta unica, l’oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una banca centrale”.

Friedman, quattro anni prima, aveva capito tutto. Sono i politici italiani – Prodi e Berlusconi in testa – che non hanno capito nulla. E sono i politici italiani che continuano a non capire nulla.

 


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