La corte di cassazione, dopo oltre sette ore di camera di consiglio, ha confermato la condanna a 4 anni e mezzo a silvio berlusconi. Il leader del pdl non andrà in galera. Tre anni, infatti, vengono meno grazie all'indulto. Per l'altro anno e mezzo il cavaliere potrà usufruire degli arresti domiciliari o, in alternativa, l'affidamento ai servizi sociali. Sull'inderdizione dai pubblici uffici la giustizia non si è ancora pronunciata.
Berlusconi condannato, ma non andrà in galera
La Corte di Cassazione, dopo oltre sette ore di camera di consiglio, ha confermato la condanna a 4 anni e mezzo a Silvio Berlusconi. Il leader del Pdl non andrà in galera. Tre anni, infatti, vengono meno grazie all’indulto. Per l’altro anno e mezzo il Cavaliere potrà usufruire degli arresti domiciliari o, in alternativa, l’affidamento ai servizi sociali. Sull’inderdizione dai pubblici uffici la Giustizia non si è ancora pronunciata.
Il processo che è costato la condanna è quello per i diritti Tv di Mediaset. Argomento contrastato che ha suscitato e continuerà a suscitare polemiche.
Dunque, condanna confermata e rinvio ad una diversa Corte d’Appello di Milano per la rideterminazione della pena accessoria. Il riferimento è all’interdizione dai pubblici uffici.
La fiducia che il Cavaliere manifestava fino a poche ore prima del pronunciamento della sentenza è stata smentita dai fatti. Silvio Berlusconi esce sconfitto da quest’ennesima vicenda giudiziaria. Il suo ricorso è stato rigettato e, di conseguenza, viene confermata la condanna per frode fiscale.
Va precisato che, almeno fino a questo momento, il leader del Pdl non viene tagliato fuori dalla politica attiva. Ora la parola passerà alla Corte d’Appello, che dovrà rideterminare la durata dell’interdizione dai pubblici uffici. Ricordiamo che, in prima istanza, l’interdizione è stata determinata in 5 anni.
Berlusconi è stato difeso dal professor Franco Coppi e dall’avvocato e deputato, Niccolò Ghedini, che hanno chiesto l’assoluzione di Berlusconi, contestando l’esistenza stessa del reato. Mentre il procuratore Antonio Mura, dopo aver definito l’ex premier “l’ideatore del meccanismo delle frodi fiscali”, ha chiesto il rigetto del ricorso dell’imputato.