Victor, la voce della verità

Autore: Roger Vitrac (traduzione e adattamento di Mario Missiroli)
Regia: Mario Missiroli
Interpreti: Paolo Bonacelli, Valeria Ciangottini, Armando De Ceccon, Isella Orchis, Paolo Meloni, Valentina Bardi, Chiara Claudi, Chiara Cavalieri.
Scene: Lorenzo Ghiglia
Costumi: Elena Mannini
Luci: Gianni Trabalzini
Musiche: Benedetto Ghiglia
Produzione: Teatro Stabile della Sardegna

Il dramma, ambientato alla fine degli anni venti, racconta la tragedia di due famiglie borghesi, i cui vizi e tradimenti vengono messi a nudo dai loro figli Victor e Esther. È soprattutto Victor dal suo metro e novanta, nonostante abbia solo nove anni, a rappresentare la voce della verità, smascherando le meschinità e le ipocrisie del mondo che lo circonda. Giocando sulla forzatura dell’innocenza e della sincerità propria dei ragazzini, Victor riesce a farsi beffa di tutti i presunti valori morali della società borghese, sottolineando la tresca tra suo padre e la madre di Esther e mettendo ai suoi ordini il ridicolo militare (padre dell’amichetta). La storia, apparentemente comica, non si ferma alla satira. Dal suo andamento affiorano presagi di catastrofe (incarnati dalla figura emblematica di Madame Mortemart), che raggiungono il culmine nel malessere grottesco di Victor che trascinerà con sé la morte dell’innocenza.

L’elemento dell’assurdo è il perno della storia. Tutto va oltre la razionalità e l’evidenza: basta pensare al paradosso rappresentato dalla fisicità e dai costumi dei personaggi e al linguaggio non convenzionale utilizzato soprattutto da Victor.
Il testo rimanda, spesso in modo non evidente, a citazioni poetiche e canti popolari per sottolinearne il connubio tra farsa e tragedia.

Il regista ha mantenuto lo spirito surrealista della prima rappresentazione del testo che risale al 1928. Con i due atti ambientati nel salotto, nella stanza da pranzo e nella camera da letto, Missiroli pone l’azione in bilico su degli enormi gradini, quasi a voler rappresentare la decadenza della società schiacciata tra le conseguenze della prima guerra mondiale e l’imminente avvento del nazismo.

Lo spettacolo vive soprattutto della grande interpretazione di Paolo Bonacelli, “bambino” spietatamente sincero e crudele, mentre tra gli altri spicca Armando De Ceccon (padre di Victor) che porta in scena un personaggio ai limiti della paradosso, sia nella recitazione che nei movimenti.

Da sottolineare una pecca nell’organizzazione dello spettacolo: la suddivisione degli atti. Non sarebbe stato meglio rifarsi all’originale di Artaud (regista della prima rappresentazione), che l’aveva definito un “dramma borghese in tre atti”, così da evitare il rumoroso cambio scena?
D’altronde come affermava Ionesco “Il passaggio dal burlesco al tragico deve avvenire senza che il pubblico se ne accorga”.


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