Di roberto salerno
Wimbledon, di scena le donne
di Roberto Salerno
Il buon proposito di parlare prevalentemente di ragazze per rendere omaggio alla detentrice del torneo che ier ha aperto il programma sul centre court è difficile da mantenere. Su un cielo reso impraticabile agli aerei – sono cominciate le grandi manovre per le olimpiadi – la ceca Kvitova, che l’anno scorso dopo una gran cavalcata distrusse la povera Maria Sharapova, ha iniziato un po’ lenta il suo match contro l’uzbeka Amanmuradova, (premi speciali per i lettori di LinkSicilia che riescono a pronunciarlo senza impappinarsi) che è filata sul 4-1. Ma è bastato il tempo di ritoccare le corde per stroncare le velleità della rivale e finire con un comodo duplice 6-4.
Anche l’ingresso nel torneo della sorella piccola e forte delle Williams non è stato certo un gran spettacolo. Confinata nel lontano campo numero 2, quasi a punirla per le lamentele dello scorso anno rivolte a chi la faceva giocare nei campi meno nobili di Church Road, Serena ha dovuto faticare anche meno della Kvitova per approdare al secondo turno. Insomma per trovare qualcosa di interessante dobbiamo aggrapparci alle nostre italiote e soprattutto a “miss Parigi 2010” al secolo Francesca Schiavone che ormai è in grado di far diventare tutte le sue partite una specie di psicodramma.
Opposta alla grande speranze di queste parti Laura Robson, vincitrice del torneo juniores di un paio di anni fa, la Schiavone è andata sotto di un set e sul 2-3 del secondo si è trovata 0-40 sul proprio servizio. La giocatrice italiana sembrava non avere armi contro le rotazioni della mancina britannica, particolarmente a suo agio sull’erba fresca di Wimbledon con i suoi terrificanti 1-2. Ma come spesso succede nel tennis, l’occasione mancata di portarsi avanti di un break veniva pagata cara in quello successivo. La Schiavone breaccava l’avversaria e questo le consentiva di pareggiare il conto dei set. Nel terzo l’esperienza della nostra giocatrice veniva a galla e trascinava la Schiavone fino al 5-1.
Solito momento di smarrimento, Robson che recupera fino al 4-5 e finalmente partita chiusa per la Schiavone. In mezzo non è neanche mancata la richiesta dell’intervento del fisioterapista da parte di una leonessa chissà per quanto tempo ancora in grado di ruggire.
Dispiace piuttosto l’abbandono prematuro di Karin Knapp una che, a dispetto di nome e cognome, è italianissima. Tartassata dagli infortuni, l’altoatesina quest’anno sta faticosamente cercando di trovare una costanza di rendimento ma anche qui a Wimbledon, dopo essersi portata agevolmente avanti di un set ha dovuto dare spazio alla sua avversaria, complice una brutta caduta sull’uno pari del secondo set. Davvero sfortunata la povera Karin.
Restano da ricordare la facile vittoria della Vinci contro la Barty e la quasi vittoria della Errani contro l’americana Vandeweghe, con la pioggia che è arrivata proprio sul match point a favore della finalista di Parigi.
Insomma una giornata fiacca con un unico brivido provocato dall’incredibile inizio di partita di uno della trimurti, nello specifico Nadal, che si è trovato sotto 0-4 e 15-30 prima di approfittare di due ridicole volée del suo avversario odierno e vincere in progressione. Se invece del terraiolo Bellucci ci fosse stato Gulbis forse avremmo visto quanto vale Nadal su un’erba appena accettabile.
Foto tratta da manipalblog.com