357 milioni di debiti e non sentirli

“Collaborare tutti insieme con determinazione per rilanciare Catania”.

Questo l’invito che il sindaco Raffaele Stancanelli ha rivolto lunedì sera a Palazzo degli Elefanti, durante un Consiglio Comunale fiacco, durato 4 ore ma con scarsa presenza di pubblico. Circa 80 le silenziose persone presenti, nonostante i numerosi inviti provenienti da associazioni e movimenti. Scese a una ventina già all’ora di cena.

Un progetto duraturo e trasparente “per portare Catania a standard di eccellenza”, un piano in cui non sono più ammessi errori di valutazione: questo l’impegno del Consiglio.

“I problemi sono tanti” esordisce il sindaco Raffaele Stancanelli. “La crisi non è ristretta solo a livello locale ma si espande anche a quello nazionale e internazionale, con una debolezza della pubblica amministrazione diffusa su tutto il territorio”  e poi, in un elenco di cui si perde il filo “ la presenza di flussi migratori, il ruolo della famiglia, il problema sicurezza, il ristagno delle attività produttive locali, la carenza di strutture, la sanità e la qualità dei servizi”.

La situazione è grave, ma per Stancanelli Catania si sta già rialzando: nel campo delle energie rinnovabili, con le risorse artistiche e le attività imprenditoriali e artigianali ma soprattutto attraverso un orgoglio e una vitalità che rendono il cittadino catanese “capace di risorgere”. Non di solo pane vive l’uomo, insomma. 

Il sindaco tiene a precisare che il rischio dissesto è scampato tecnicamente, ma la situazione debitoria è sempre grave. La cifra si aggira intorno ai 357 milioni: di cui 99 per disavanzi di bilancio riferiti ai consuntivi degli anni 2003, 2004 e 2006, 82 per la municipalizzata Amt, 111 per aperture di credito di istituti bancari e 74 per debiti fuori bilancio. Il sindaco ha anche illustrato l’indebitamento delle società partecipate Sidra, Asec, Asec Trade e Sostare, che in tutto ammonterebbe a circa 100 milioni. I 549 milioni di mutui bancari sembra invece che non vadano conteggiati.

Il debito può essere risanato attraverso un incremento delle entrate di 22 milioni di euro annui (5 milioni di ICI, 10 milioni di Irpef, 1 milione di servizi a domanda individuale e 6 milioni di trasporto urbano) a partire dal bilancio del 2008, e una riduzione delle spese che porta a una somma complessiva di 42 milioni di euro. Entro dicembre inoltre, grazie al finanziamento del Cipe, si punta a sanare le situazioni pendenti del 2003, 2004 e 2006. Ma c’è di più. Stancanelli e la sua Giunta stanno guardando con attenzione al patrimonio immobiliare del Comune. Si parla, per esempio, di 2400 appartamenti con un valore sociale di 40 milioni. Secondo alcune stime si prospetterebbe un guadagno di circa 250 milioni tra edifici e terreni: un toccasana per le casse martoriate, non c’è dubbio. “Il patrimonio verrà dismesso in modo intelligente”, dice il sindaco. E che non si parli di “sacco di Catania da parte dei privati”, ammonisce. Il cambio di destinazione d’uso, infatti, viene effettuato prima della vendita, quando ancora i terreni e gli immobili saranno di proprietà comunale.  

Durante il lunghissimo discorso che ha il sapore di una liturgia, tra l’opposizione che rumoreggia e la maggioranza che si dà un tono, mostrandosi sicura di sé, tra la folla si aggira Grazia Giurato con un cartello “Chi sbaglia deve pagare”. Vorrebbe appenderlo in bella vista, ma il permesso le viene negato. “La gravità della situazione finanziaria richiede l’accertamento delle responsabilità politiche, per questo dalla prossima settimana opererà una Commissione d’indagine per accertare le responsabilità”, aveva premesso il sindaco Stancanelli.

Iniziano gli interventi e le cifre del buco vengono subito contestate dal senatore Enzo Bianco: “non si può tacere del disavanzo delle società partecipate: quindi il debito arriva a 500 milioni, senza contare i debiti fuori bilancio”. Ci sono o non ci sono? 

Ma Bianco non è l’unico consigliere ad avere delle perplessità. “Il piano di risanamento è parziale poiché esso è concepito solo per evitare il dissesto e non per risanare la situazione; Catania ha sempre sostenuto spese storiche non rispondenti alle effettive disponibilità e si è piegata ad una rete clientelare che non fa parte del patrimonio del centro-destra”, sostiene il consigliere Nello Musumeci, pur appartenendo alla maggioranza. Neanche i 250 milioni ricavabili dalla vendita degli immobili lo soddisfano, per la paura che non incontrino il giusto valore di mercato. Parlando di sprechi e necessità, invece, Musumeci propone di riorganizzare i 4500 dipendenti, tra cui alcuni fannulloni, e pubblicizzare le sedute del consiglio comunale, come obbligo istituzionale. La gente applaude al coinvolgente oratore, mentre il sindaco appare placido. 

Altrettanto perplesso invece è il consigliere dell’opposizione Rosario D’Agata, il quale punta il dito sulle mancanze dell’amministrazione attuale: come tra 11 assessori nemmeno uno sia donna, come si sia contravvenuto alla legge non nominando il vicesindaco dopo 4 mesi, e come sia strano che nella nona città d’Italia manchi un regolamento sulle responsabilità. “I dirigenti così non hanno parametri”, dice. D’Agata urla, diventa paonazzo, mentre la vena del collo si ingrossa, ma il sindaco Stancanelli, anche stavolta, se la ride.  

Non mancano però, tra i numerosi interventi del centrodestra, peana per lo scampato pericolo. Il baby-consigliere Giacomo Bellavia, ad esempio, si sente di ringraziare pubblicamente il sindaco perché “Dove altri rimbalzavano su un muro di gomma, lei ha saputo districarsi”. E avanza anche qualche proposta, come recuperare gli spazi occupati dai centri sociali “per ristabilire un criterio di legalità”, e occuparsi dei “cosiddetti punkabestia, che bivaccano per le strade e aizzano i cani”. Priorità…

E c’è poi chi difende “L’opera certosina del sindaco di confrontarsi col governo centrale”, come Carmencita Santagati, che ringrazia da cittadina e membro del consiglio. 

L’ultimo intervento è del sindaco.  A chi gli ha chiesto come verranno utilizzati i 140 milioni del Cipe, risponde con sicurezza che le priorità sono gli stipendi (15 milioni) e poi il pagamento dei fornitori a credito, senza cui non si potrebbe andare avanti. Ed in effetti i 21 milioni di debito con l’Enel e le altre imprese hanno avuto effetto su mezza città, così come il credito di 17 milioni della discarica, che avrebbe dovuto chiudere proprio il 6 ottobre.

Che poi questi soldi vengano “dal cielo”, come è scritto sui volantini di Cittàinsieme e Grilli del’Etnea, o siano un regalo, il sindaco aveva il dovere di fare il possibile. E rimprovera questi cittadini che evidentemente “non volevano che il cielo ci aiutasse”. Ingrati e senza Dio. 


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