Rifiuti, 30 anni di sprechi, emergenze e mala politica Nania: «Commissariare non può essere la soluzione»

Ormai da trent’anni il sistema dei rifiuti in Sicilia specula sull’emergenza per prolungare l’agonia della gestione commissariale ottenendo come unici risultati la lievitazione di costi e sprechi, l’inefficienza legislativa, la saturazione delle discariche e la riduzione ai minimi termini della raccolta differenziata. È questo, in estrema sintesi, il quadro a tinte fosche della gestione della monnezza nell’Isola tracciato dal libro-dossier La gestione dei rifiuti urbani in Sicilia dell’ex responsabile del catasto rifiuti regionale, Pasquale Nania. La pubblicazione è stata presentata stamattina al palazzo della presidenza regionale in via Magliocco, a Palermo, con Mimmo Fontana, responsabile Sud di Legambiente nazionale, Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, e Giampiero Trizzino, deputato regionale del Movimento 5 Stelle.

Nulla di nuovo sotto il percolato. Nania lo scrive nero su bianco nel dossier: «L’emergenza permanente ha consentito e giustificato l’amministrazione commissariale in deroga alle disposizioni di legge vigenti quasi ininterrottamente dal 1999 – si legge nel documento -. Il lungo commissariamento, tuttavia, non solo non ha rimosso le origini della crisi, ma semmai ha peggiorato la situazione preesistente». Con le discariche ormai al collasso «l’emergenza si è, se possibile, ulteriormente aggravata, riportando così l’orologio agli anni ’90 con la riproposizione di ordinanze contingibili e urgenti del presidente della Regione. Si ripropone, così, alla fine del 2015, lo spettro di un nuovo commissariamento, dopo il fallimento dei primi due».

In tal senso, la Sicilia è speciale, specialissima. E ultima per distacco nella Penisola a causa della mancanza «di misure per disincentivare la produzione dei rifiuti» nonché dello «smaltimento in discarica della quasi totalità di quelli prodotti» passando per la «trascurabile quantità di raccolta differenziata» e «l’insignificante recupero di materia e di energia». E non si tratterebbe solo di mala organizzazione. «L’inefficienza delle società di gestione degli ambiti territoriali ottimali (gli Ato, ndr), la cui prova più tangibile è la presenza di ammassi di spazzatura non raccolti nelle strade di molti centri urbani, ha portato al dissesto finanziario l’intero sistema, producendo nel contempo condizioni di rischio sanitario, inquinamento ambientale e degrado urbano». 

Insomma, un disastro non solo d’immagine ma sotto tutti gli aspetti. Come ribadito dall’ambientalista Fontana: «In questi lunghi anni di emergenze dichiarate più che reali e di gestioni fallimentari degli Ato non si sono prodotte soluzioni – commenta – ma è cresciuta una pletora di esperti che non hanno mai progettato o gestito sistemi di successo. Esperti che non si sono mai misurati con le ormai tantissime esperienze di gestione integrata dei rifiuti che vanno dalla Campania alla Lombardia, quanto piuttosto con i fallimenti siciliani». Secondo l’ambientalista, in questi anni sono state proposte le soluzioni più impraticabili «dagli inceneritori del piano Cuffaro – che, bruciando il 100 per cento dei rifiuti siciliani, avrebbero dovuto favorire lo sviluppo della raccolta differenziata e il recupero di materia – fino ad arrivare alla proposta crocettianamente rivoluzionaria di dotare tutte le famiglie, anche quelle che vivono in condominio, di una compostiera domestica».

Per chi si chiedesse quali allora potrebbero essere i rimedi per una situazione che, con il passare dei mesi, sembra andare incontro al baratro, gli esperti hanno le idee chiare. «Ridurre i rifiuti alla fonte e recuperare materia ed energia sono le condizioni migliori per tutelare la salute e proteggere l’ambiente, per contribuire alla diminuzione del consumo di materie prime e creare opportunità di sviluppo e di lavoro», si legge nel documento». E soprattutto dire basta ai commissariamenti. «In Sicilia, per come sono stati concepiti e condotti, non hanno risolto, ma anzi hanno aggravato il problema, vanificando ingenti risorse pubbliche», conclude Nania.


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