Wehabrebi Atta, il primo pentito del traffico di migranti Ritenuto un capo che utilizzava «metodi professionali»

Nuredin Wehabrebi Atta, è questo il nome del primo pentito della rete internazionale che si occupa del traffico di migranti dall’Africa. I magistrati della procura di Palermo si sono affidati ai suoi racconti mesi fa per risalire a capi e gregari arrestati oggi e ritenuti al vertice della centrale che in Italia gestisce l’immigrazione clandestina. Nato in Eritrea trentadue anni fa, Atta prima di vuotare il sacco ha fatto la spola tra la sua casa di Agrigento e quelle di Roma. Le sue basi operative dopo essersi trasferito in Europa passando per la Libia, dove si sarebbe fermato almeno fino al 1998. Qui il collaboratore avrebbe conosciuto e convissuto con alcuni dei principali trafficanti, tra cui l’etiope e ricercato numero uno Ermias Ghermay, latitante da anni e ritenuto il padrino del network.

Prima del suo pentimento Atta si è occupato di viaggi della speranza, incappando nelle mani della giustizia con l’operazione Glauco del 2014. I magistrati lo descrivono come «uno dei capi promotori», capace di gestire «con metodi professionali» i clienti. Uomini e donne smistati attraverso l’offerta di pacchetti viaggio per la seconda fase degli spostamenti dopo l’arrivo in Italia. Per farlo si sarebbe avvalso non solo di diverse abitazioni di supporto nella capitale ma anche con la complicità di alcuni autisti italiani per i viaggi verso il nord Italia e l’estero. Il pentito si sarebbe attivato gestendo documenti falsi e matrimoni combinati con italiani, per poi consentire l’ingresso di stranieri attraverso il metodo del ricongiungimento familiare. I nostri connazionali venivano assoldati con pagamenti variabili che in alcuni casi avrebbero raggiunto i settemila e 500 euro a persona. Tutto attraverso un metodo rodato che prevedeva il versamento anticipato di circa mille euro, il viaggio della coppia e il matrimonio falso da contrarre in Africa, con una permanenza minima di 22 giorni. Espedienti emersi anche nell’operazione Glauco 3 di oggi.

Agendo da Roma, Atta in passato si è ritagliato un ruolo chiave nei viaggi dei migranti all’estero. In appena due mesi, da gennaio a marzo del 2014, il presunto trafficante ha effettuato 33 acquisti online di biglietti aerei. Nel lungo elenco delle tariffe riservate ai migranti finiscono gli 800 euro per consentire lo spostamento in Svezia di tre giovani, i 500 chiesti a un uomo africano per raggiungere l’Olanda e addirittura i 5000 euro con tanto di passaporto italiano falso per andare in Canada. La gestione dei documenti taroccati è una costante che gli investigatori fanno emergere nella descrizione del passato del collaboratore. In una telefonata intercettata all’inizio del 2014 l’indagato parlava di visti da riutilizzare modificando il nome, da consegnare e vendere direttamente in Etiopia, perché «quando c’è il denaro tutto è possibile».

Atta con i magistrati guidati dal procuratore Francesco Lo Voi, ha fatto anche riferimenti al traffico di organi: «Mi è stato raccontato che le persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15mila dollari». Nei verbali del pentito anche il nuovo business legato all’utilizzo dei gommoni usa e getta. Imbarcazioni di pessima qualità, solitamente prodotti in Cina, che vengono caricati all’inverosimile per affrontare poche miglia in mare. Su questi passaggi, descritti in un approfondimento di MeridioNews, i riscontri investigativi, fanno sapere fonti giudiziarie, sono però particolarmente complessi. I natanti, che hanno sostituto i pescherecci in legno, arrivano in Libia nello località di Zuwara, Zawia e Garabulli, passando per Turchia e Malta e secondo Atta dietro ci potrebbe essere anche il coinvolgimento di funzionari dell’Unione europea.

Dario De Luca

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