Vota Antonio!

La campagna elettorale, si sa, è il momento in cui i politici, o gli aspiranti tali, danno il meglio di sé. «Porteremo la benzina a settecento lire al litro!», dice il candidato di quella famosa barzelletta, promettendo favori e posti di lavoro a tutti, salvo poi confessare, ad un elettore che gli chiedeva un nuovo organo genitale maschile, che quello gliel’avrebbe dato, come a tutti gli altri, del resto.

All’università è lo stesso che all’esterno, ci sono pure le telefonate ai conoscenti per farsi dare gli estremi della carta d’identità e presentare le liste, aggiungendo, a mo’ di favore, «non devi neanche venire a firmare, lo faccio io al posto tuo».

Al Senato Accademico sono state presentate ben nove liste, con orientamento politico più o meno definito. Radio Zammù ha riservato cinque minuti ai rappresentanti di ciascuna, lasciando che esponessero i propri programmi e che spiegassero le ragioni della loro candidatura.
A ben ascoltarli, però, sembrano più confusi che persuasi.

Ad esempio: Edoardo Arena, di “Linea Mercuzio“, non si aspettava la notizia della «chiusura della Facoltà di Lettere e Filosofia». E come glielo si spiega che la facoltà a rischio trasferimento è quella di Lingue e Letterature Straniere? Arena ha poi proseguito: «Faremo tutto il possibile per cercare di capire qualcosa». E sarebbe anche arrivato il momento, diremmo noi, tanto più per uno che ha dichiarato: «Vogliamo cercare di risvegliare le coscienze, nella consapevolezza di essere diversi e soprattutto di essere svegli». Magari con un caffè…

E non se l’è cavata male neanche Gaetano Bonanno, di “Lotta Universitaria“, secondo il quale una sola mensa funzionante non può rispondere alle esigenze di un Ateneo con «ben nove facoltà». Agraria, Architettura, Economia, Farmacia, Giurisprudenza, Ingegneria, Lettere e Filosofia, Lingue e Letterature Straniere, e Medicina e Chirurgia.
Scienze della Formazione, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, e Scienze Politiche devono essere figlie di un ateneo minore, evidentemente.
Ma a Bonanno, studente di slancio internazionale, questa svista la si perdona. Troppo preso dalla politica estera per contare il numero di facoltà dell’Università di Catania, di cui pure vorrebbe rappresentare gli studenti: Bonanno ci informa, infatti, che gli studenti palestinesi possono sfuggire ai disagi causati dall’esercito israeliano studiando in Europa. «Lotta Universitaria, mediante l’associazione “Terra Santa libera”, s’è resa conto dei disagi di questi studenti e vuole chiedere all’Ateneo di creare un filo diretto con le comunità giovanili palestinesi».

Agatino Lanzafame, della lista “Liberi e Forti“, prima parla di una totale «contrarietà al numero chiuso», in nome del sacro diritto allo studio per tutti, per poi specificare «il diritto allo studio dev’essere di qualità e non è pensabile garantirlo per tutti, quando poi l’accesso al mondo del lavoro ce l’ha solo chi ha la possibilità di fare costosi master».
Per Lanzafame è «impensabile che molti studenti di Giurisprudenza seguano alcune lezioni seduti per terra». A Lettere ci sono morbidi cuscini di seta, ad Economia amache e sedie sdraio, a Lingue poltroncine di pelle corredate di comodo posacenere, in effetti.

«Non è giusto fare i nomi dei candidati, perché non vogliamo rappresentare un candidato ma un progetto comune», ha dichiarato Antonio Currao. E già dall’incipit, che è la negazione di qualunque campagna elettorale che abbia una speranza di essere conclusa con successo, si dovrebbe capire che la lista che rappresenta è quella del Pd. “Pd – Studenti democratici – Udu“, per la precisione.
Currao, ricordando la necessità di una sinistra reale anche a livello universitario, non solo nazionale, ha fatto una forte denuncia: «Ci sono troppi giovani neolaureati in vacanza perenne, per non dire disoccupati», perché con gli eufemismi si va molto lontano, soprattutto se questi sono accostati a dichiarazioni tipo: «Colleghi, abbiamo scoperto l’acqua calda, e che quella cosa là dall’altra parte del mare non è India ma si chiama America».
Ma Currao no, Currao è diverso e lo sottolinea durante il suo discorso: «Ricordiamo che senza studenti non esiste università». E io che pensavo che bastassero posteggiatori abusivi e cani randagi, per fare un’università.
«C’è bisogno di un atteggiamento di sinistra», conclude Currao. Appunto: vogliono perdere. Ma non se ne rendono conto.

Andrea Alba, della lista “No Gelmini – Resistenza d’Ateneo“, ricordando i bei momenti delle mobilitazioni contro la legge 270, quando bastava un megafono per portare in piazza decine di migliaia di studenti, sostiene di rappresentare una «vera comunità ribelle» che abbia una «facoltà di resistere, che non è soltanto un gioco di parole». Ah no? La differenza la fanno le proposte. «Una voce fuori dal coro non c’è mai stata dentro gli organi dirigenziali». Ma questa non è una proposta. Ritenta, sarai più fortunato. «Noi non pensiamo “piazze piene, urne vuote”. La battaglia contro l’aumento delle tasse va condotta all’interno dell’università, non soltanto in piazza». Dai, ci stiamo avvicinando. «Noi parliamo di democrazia dal basso». Niente da fare, vogliono proprio perdere.

Chi, invece, impara dalla politica nazionale vincente e la ripropone all’università sono i ragazzi di “Studenti per le libertà“, area PDL. Emanuele Maniscalco, ai microfoni di Radio Zammù, ha ricordato gli ideali di tutti gli universitari berlusconiani che si rispettino: «Valori cristiani, cattolici e liberali che il nostro partito in Italia riesce ad incarnare». E io credo di aver perso qualche fondamentale lezione di catechismo.

L’unione fa la forza, a giudicare dall’ampiezza della coalizione “Popolo degli studenti – Controcampus“, formata dalle associazioni studentesche Arcadia, Controcampus e Alleanza Universitaria. Dario Moscato, dopo aver ampiamente parlato del diritto allo studio, che non è mai stato nominato così tanto come in campagna elettorale, s’è tolto qualche sassolino dalla scarpa: «Noi stiamo chiedendo il consenso non sulla base dell’amicizia, o delle consumazioni offerte in discoteca, o del fatto che facciamo entrare gratis in un posto o in un altro, o del fatto che regaliamo materie. Noi materie non ne dobbiamo regalare, né dobbiamo agevolare posti in qualche dottorato di ricerca». L’ho sempre sostenuto, io, che la politica ha degli aspetti interessanti.

Nunzio Rinzivillo, di “Intesa autonomista“, punta sull’esperienza: anni di governo negli organi d’Ateneo sarebbero una garanzia, perché «il momento difficile che ci troviamo ad affrontare necessita di gente competente, che sappia fare il rappresentante». Fuori i nomi, allora. Mica può tenerli tutti per sé.

Fortuna che c’è una lista che, a partire da come si chiama, promette bene: “Università libera ed eccellente“. C’è chi dice che siano i pupilli del Rettore: primi ad aver presentato la documentazione per la candidatura a tutti gli organi d’Ateneo, dicono di essere «liberi da ogni condizionamento partitico».
Giuseppe Saccullo, però, non è riuscito ad esporre il programma della lista che rappresenta: cinque minuti per parlare? Troppo pochi. Dare una, seppur vaga, idea dei liberi ed eccellenti propositi? Troppo.

In fondo, anche se universitaria, pure questa è politica all’italiana. E si vede.


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