«L’altro ti guarda non per quello che sei ma per quel che pensa, senza capire che hai un mondo dentro che non riesci a esprimere». Per questa ragione l’associazione VivaVoce ha presentato a Messina un progetto – già approvato dal consiglio comunale – contro il voice shaming che partirà dalla somministrazione di questionari nelle scuole e proseguirà con incontri di sensibilizzazione sul tema. Il voice shaming è un fenomeno che riguarda la discriminazione delle persone che soffrono di balbuzie e disturbi della voce. «Ne soffre circa l’1,5% della popolazione, quasi un milione di italiani. Ma bisogna ancora lavorare sulla consapevolezza in merito a questo limite», racconta a MeridioNews il presidente nazionale dell’associazione VivaVoce, Giovanni Muscarà.
Una consapevolezza che riguarda spesso anche i genitori di ragazzi affetti da balbuzie, il cui giudizio è influenzato da vecchi stereotipi secondo i quali – erroneamente – l’ansia viene vista come la causa principale. «Superare la balbuzie non è solo una perfezione estetica – prosegue Muscarà – ma vuol dire che fra te e la vita non c’è più il condizionamento, non ci si sente più in gabbia». La testimonianza diretta arriva proprio dall’intervistato che ha lottato in passato contro la balbuzie arrivando a perdere il controllo del proprio corpo: «Avevo persino spasmi facciali, mi arrabbiavo perché volevo che la parola uscisse bene».
«Il 73% degli intervistati dichiara di essere stato vittima di voice shaming a scuola e, in due casi su tre, è presente in famiglia chi soffre o ha sofferto di balbuzie. C’è persino chi non riesce a trovare lavoro perché ai colloqui ha difficoltà. Il consiglio – conclude Muscarà – è di rivolgersi a qualcuno quando un bambino verso i due/tre anni inizia a balbettare».
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