Tra gli otto nomi di consiglieri etnei citati dalla commissione regionale antimafia, c'è anche Lorenzo Leone, presidente della circoscrizione a sud di Catania. Non l'unico caso che riguarda il quartiere satellite e che avrebbe attirato l'attenzione delle istituzioni: «Al momento è un'ipotesi, ma ancora nessun atto formale»
Voci insistenti sul commissariamento di Librino In prefettura si discute della sesta municipalità
Non smentiscono né confermano, ma hanno letto «con grande attenzione» i nomi degli otto consiglieri (comunali e circoscrizionali) citati nella relazione della commissione regionale antimafia. «Non c’è ancora nessun atto formale», ma la voce che si sia discusso di un commissariamento della sesta municipalità da parte della prefettura di Catania sembra trovare fondamento. La circoscrizione – che raggruppa insieme i quartieri di Monte Po, San Giorgio, Librino, Zia Lisa e San Giuseppe La Rena – è presieduta da Lorenzo Leone (Articolo 4), uno dei tre nomi principali analizzati dai deputati regionali. Gaetano Leone, fratello di Lorenzo, è stato arrestato nel corso dell’operazione antimafia Arcipelago del 2001 perché esattore del pizzo per il clan Santapaola.
Librino è il quartiere più citato all’interno del documento elaborato dagli onorevoli di Palazzo d’Orleans, che hanno inviato le 17 pagine alla commissione nazionale antimafia. I deputati romani le hanno esaminate proprio nel giorno in cui è stato ascoltato il sindaco di Catania Enzo Bianco. Nel quartiere alla periferia sud di Catania la voce della possibilità di commissariamento circola da tempo. «Allo stato attuale è un’ipotesi che potrebbe verificarsi, ma potrebbe accadere anche il contrario», dicono dalla prefettura. E rimandano ai prossimi giorni per informazioni più certe. Di certo c’è che, per arrivare a questa decisione, è necessario che si sia in presenza di influenze dimostrate. L’ultimo precedente, in ordine cronologico, è il commissariamento del municipio di Ostia, a Roma.
Nel testo dell’Ars il nome di Librino ricorre, oltre che nel caso di Leone, in altre due circostanze. Rispetto alle quali, però, «è stato più difficile rilevare riscontri significativi», scrivono i componenti della commissione antimafia regionale. Si tratta dei riferimenti a Salvatore Spadaro (Primavera per Catania) e Salvatore Giuffrida (Tutti per Catania). Spadaro, eletto con 766 voti, è stato uno dei più votati di Librino. Nel quale era già stato consigliere per il Popolo delle libertà dal 2008 al 2011. Giuffrida, invece, è il consigliere comunale con il più alto numero di preferenze arrivato a Palazzo degli elefanti. Dei suoi 1865 voti, mille sono stati raccolti in soli tre seggi. «Una relazione poco seria», sostiene Giuffrida. E Spadaro rincara la dose: «Siamo discriminati perché abbiamo preso voti nelle periferie – sostiene – Ho una proposta: perché non togliamo il voto a tutti i residenti di Librino? Così forse sono più contenti». Altro nome coinvolto nella relazione e legato alla sesta municipalità è quello del consigliere comunale Riccardo Pellegrino, fratello di Gaetano Pellegrino, detto u funciutu e considerato uno degli uomini più fidati del boss Nuccio Mazzei, capo dei Carcagnusi.
Il coinvolgimento nel documento dei tre consiglieri e del presidente della circoscrizione ha stupito i colleghi che operano sul territorio. «Il presidente fino a oggi ha lavorato alla perfezione e Riccardo Pellegrino è meglio di me, così come Giuffrida e Spadaro», commenta Mauro Massari, consigliere di centro-destra della sesta municipalità e finanziere di professione. «Leone fa politica da vent’anni e mai nessuno gli ha contestato niente», aggiunge. Secondo Massari, un eventuale commissariamento sarebbe immotivato: «Le municipalità catanesi non sono come i municipi di Roma che gestiscono bilanci – spiega – Le nostre segnalazioni riguardano l’erba da tagliare e nemmeno quello otteniamo». Dello stesso parere la collega Carmela Vinciguerra (Il megafono): «Leone è un lavoratore, io lo ammiro molto. Sono alla prima esperienza politica e amministrativa e per me stiamo lavorando bene – interviene – Una cosa che riguarda la famiglia e non lui può compromettere tutto quello che ha fatto?». Più sbrigativo il consigliere Pd Giovanni Cannavò che, raggiunto al telefono alle 21, risponde: «Non so niente, ho lavorato tutto il giorno a lavoro. Vi saluto, buongiorno».