La polizia ha fermato altre tre persone per i fatti del 21 novembre. Avrebbero sparato contro il tunisino Tarek Znaidi, nascondendosi poi per timore della reazione di soggetti vicini alla vittima. Due dei protagonisti sono parenti di esponenti di vertice della Stidda
Vittoria, altri tre fermi per la sparatoria in centro Dopo una lite pregiudicati esplodono diversi colpi
Scattano altri tre fermi per la sparatoria in strada dello scorso 21 novembre a Vittoria che solo per una fortunata casualità non ha provocato feriti, anche se i colpi di pistola e di fucile sono finiti su auto parcheggiate e case. La polizia di Stato ha sottoposto a fermo i fratelli Angelo e Gabriele Collodoro, rispettivamente 33 e 26 anni, e il trentenne Anthony Mangione, tutti con precedenti penali. Sarebbero loro ad aver sparato contro il 26enne tunisino Tarek Znaidi che avrebbe risposto al fuoco. Sparatoria andata in scena in centro storico, nel quartiere San Giovanni, alle tre del pomeriggio con l’altissimo rischio di coinvolgere i passanti. Il 26enne era già stato arrestato nelle ore successive ai fatti con l’accusa detenzione di un fucile illegalmente portato in luogo pubblico.
Secondo quanto ricostruito dagli agenti del commissariato di Vittoria e da quelli della squadra mobile di Ragusa, inizialmente sarebbe nata una lite, davanti casa di Znaidi, tra lui e uno degli altri tre soggetti. Rapidamente però sarebbero sopraggiunti gli altri due uomini. Dopo insulti e spintoni, i fratelli Collodoro e Mangione si sarebbero allontanati per fare ritorno armati. Diversi i colpi di pistola esplosi, come dimostrano i bossoli trovati in strada, a cui il tunisino avrebbe risposto col suo fucile. Ancora da chiarire le ragioni della lite sfociata nella sparatoria.
Nessuno dei fermati ha precedenti per criminalità organizzata ma due di loro vantano alcune parentele eccellenti con esponenti della Stidda, in particolare Mangione è nipote di Giambattista Ventura, detto Titta, mentre Znaidi è il genero di Vincenzo Latino, ex reggente della Stidda a Vittoria. Tuttavia al momento gli investigatori tendono a escludere che la sparatoria sia riconducibile a dinamiche mafiose.
Quando la polizia è andata a cercare i responsabili, ha scoperto che due di loro avevano nel frattempo cambiato casa perché temevano ritorsioni da parte di soggetti vicini alla famiglia del 26enne vittima dell’agguato. La polizia ha trovato e sequestrato in una delle abitazioni perquisite la pistola con cui avrebbero tentato di ucciderlo.