Da musa per gli artisti di strada a protagonista di un film breve. Il re borbonico acefalo degli Archi della Marina - anche per la fama guadagnata nei mesi scorsi - è stato scelto dal giovane videomaker catanese Lorenzo Mannino per il ruolo principale nel suo ultimo lavoro, The man without head, incentrato sulla storia di un uomo senza memoria alla ricerca dell'innocenza infantile perduta. Un tema caro al regista, che da autodidatta ha fatto dello stare dietro la cinepresa un lavoro. Nonostante le difficoltà. Guarda il video
Via Dusmet, la statua senza testa in un corto L’autore: «Simbolo di ricerca del passato»
Da musa ispiratrice per gli street artist a protagonista di un cortometraggio. La statua senza testa di via Dusmet non smette di attirare l’interesse degli artisti etnei, di strada e non solo. Il re Borbonico acefalo degli Archi della Marina, che negli ultimi mesi è balzato agli onori della cronaca più per le inconsapevoli comparsate d’arte che per il suo legittimo ruolo di monumento, è stato scelto dal giovane videomaker 23enne catanese Lorenzo Mannino per interpretare la parte principale nel suo film breve The man without head, incentrato sulla storia di un uomo senza testa, quindi senza memoria, alla ricerca dell’innocenza infantile perduta.
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La scelta del re borbonico senza testa – sulla cui identità, in dubbio tra Ferdinando I o II, si è discusso nei mesi scorsi anche sul nostro quotidiano – è stata «assolutamente casuale», precisa il giovane autore. «Senza testa vuol dire senza memoria – spiega Lorenzo – e cercavo un’opera d’arte che, durando in eterneo, potesse rievocare in una persona ricordi ormai passati». Il regista, però, ammette di essersi informato sulla fama del suo protagonista prima di iniziare le riprese. «Sapevo che la statua fosse stata presa di mira dagli artisti di strada e per un attimo ho pensato: “magari qualcuno ci fa caso”», racconta. E così, il monumento acefalo degli Archi della Marina, che in passato è stato trasformato in mascotte degli europei di calcio, Darth Fener luminoso, simbolo di libertà con tanto di gabbietta per uccellini forzata appesa al braccio e testimonial della lotta No Muos, è diventato anche l’inconsapevole protagonista di un cortometraggio.
Una storia racchiusa in poco più di due minuti e mezzo di immagini, che si apre con un incontro casuale. Un uomo di mezz’età, passeggiando per via Dusmet, si trova davanti la statua senza testa. Il monumento rievoca in lui un ricordo d’infanzia e sullo schermo, adesso in bianco e nero, appare un bambino intento a fissare il re borbonico. La scena si sposta all’interno dell’Anfiteatro greco-romano di piazza Stesicoro dove l’uomo si ritrova ad inseguire se stesso da bambino. Una metafora che, tramite «l’llusione della fuga, rievoca la ricerca dell’infanzia e dell’innocenza ormai perduta», spiega l’autore. Quando i due personaggi si trovano uno di fronte all’altro, l’ambientazione ritorna in via Dusmet, dove l’uomo, nei panni di sé bambino, sorride alla statua acefala «per ringraziarla di avergli permesso di riconciliarsi con il suo passato», racconta Lorenzo.
The man without head è un lavoro «totalmente low budget, girato in 19 ore», precisa l’autore. «Il protagonista è interpretato da mio padre, Orazio Mannino, attore di teatro professionista che ha lavorato per anni allo Stabile», racconta. Mentre per il ruolo del ragazzino «devo ringraziare alcuni amici che mi hanno prestato il cuginetto», ironizza. Tra le particolarità del corto anche le musiche originali realizzate da Danilo Randazzo, «un amico musicista diplomato al conservatorio che è riuscito a centrare il pieno il ruolo evocativo che volevo dare ai suoni», racconta soddisfatto il giovane autore. A fare da sfondo alle riprese la citta etnea e due luoghi, gli Archi della Marina e l’Anfiteatro di piazza Stesicoro, che «mi piacciono molto» spiega Lorenzo. E che, come la statua, «fanno parte del passato e dureranno per sempre».
Il corto sull’uomo senza testa, però, non è il primo lavoro in cui Lorenzo affronta tematiche legate alla rievocazione del passato. Sullo stesso argomento, infatti, si basa anche Our trip, film breve ambientato sempre a Catania in cui il giovane videomaker racconta di «memoria digitale e amore». E che, tramite l’associzione Associak Distribuzione Indipendente, «stiamo portando in giro per i festival nazionali», racconta l’autore. Una bella soddisfazione per Lorenzo che dietro la cinepresa si è cimentato da ragazzino. «La passione è nata quando avevo 15 anni guardando Guerre stellari e i film di Quentin Tarantino e Sergio Leone – racconta – Così ho cominciato a smanettare con una telecamerina e realizzare i primi video». Lavori che, caricati sul suo canale You Tube, hanno raggiunto quasi 10mila visualizzazioni. «Piano piano mettevo da parte i soldi per comprare l’attratura e per girare potevo contare sul supporto degli amici». Il tutto sempre da autodidatta. «Negli anni dell’Università ho frequentato qualche laboratorio di cinema al Monastero dei Benedettini, dove studiavo Fisolofia». Facoltà poi abbandonata per l’Accedemia delle belle arti, dove adesso studia Arti tecnologiche.
Nonostante la giovane età, Lorenzo ha accumulato anni di esperienza sul campo e adesso fa il videomaker di professione. «Prima mi occupavo di realizzare video per eventi e serate di musica rock – spiega – adesso sono passato alle realtà rap, che è un’altra delle mie passioni». Lorenzo, infatti, è anche autore di alcuni video clip di artisti hip hop etnei, tra cui l’ultimo dei Double Damage. Anche se confessa che le difficoltà non mancano. «E’ una strada in salita – ammette – perché i videomaker che lavorano nel circuito degli eventi spesso vengono sottopagati e la piazza è rovinata da chi si improvvisa e lavora gratis, azzerano il mercato e penalizzando chi lo fa da anni e chiede la giusta retribuzione per l’esperienza accumulata». Ma assicura di non avere la minima intenzione di mollare la presa, anzi. «E’ la passione è quello che ti fa andare avanti – conclude – e finché c’è quella va bene così».