I dipendenti del call center hanno scelto la prima de Un ballo in maschera al Teatro Massimo per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica. Chiedono un tavolo al Mise. Intanto giovedì il prefetto ha convocato un incontro con il maggiore committente, la Wind
Vertenza 4U, sit-in a Palermo Lavoratori: «Stop a silenzio istituzioni»
Hanno scelto la prima de “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi per gridare tutta la loro disperazione. I lavoratori del call center 4U sono scesi di nuovo in piazza a Palermo. Si sono dati appuntamento davanti la scalinata del Teatro Massimo per sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sull’ennesima emorragia di posti di lavoro nel capoluogo siciliano. «Approfittiamo dell’evento per farci vedere dai politici che vanno a teatro – dice Francesco Brugnone, rsu della Slc Cgil di Palermo presso il call center 4U -. Quasi a creare un contrasto tra chi può liberamente godersi la prima del Massimo e noi che stiamo perdendo il posto di lavoro nel silenzioassordante delle istituzioni».
I lavoratori da tempo chiedono un tavolo al ministero dello Sviluppo economico. Intanto il prefetto Francesca Cannizzo ha già attivato un tavolo sulla vertenza e giovedì in cantiere c’è un incontro con il maggiore committente, Wind. L’obiettivo è convincere la multinazionale a rafforzare i volumi di traffico, necessari al mantenimento dei livelli occupazionali. Per fare pressing sulla compagnia telefonica anche i segretari nazionali dei sindacati incontreranno Wind. Chiederanno un aumento delle ore di traffico per Palermo sotto forma di postazioni di lavoro. «Wind è l’unica realtà industriale in grado di gestire questa vertenza ed incentivare altri soggetti industriali» assicura il segretario della UilCom, Giuseppe Tumminia.
«Ieri al tavolo in Prefettura la Sisal – spiega Brugnone – ha reso noto di non essere disponibile a garantire aumenti del traffico per il calo in atto dei volumi relativi a scommesse e giochi e per il carico fiscale maggiore da parte dello Stato. La nostra situazione è preoccupante». Su 370 dipendenti, oggi ci sono 175 lavoratori in procedura di mobilità ma, assicurano i sindacati, «il pericolo lo corre la stessa azienda, con la minaccia di una liquidazione».