Ursino Recupero, la biblioteca che resiste La curatrice: «Rischiava di finire piena di topi»

La disinfestazione di 60mila volumi e la digitalizzazione di 500 libri antichi. E – soprattutto – il restauro della sala Vaccarini, «l’unico ambiente dell’ex monastero che conserva sia l’arredo ligneo che la parte muraria settecentesca originaria, così come i benedettini l’hanno fatta». Le biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero, nel complesso monastico di piazza Dante, sono un esempio di una realtà culturale che resiste nonostante i secoli e i problemi che il trascorrere del tempo porta con sé. Se due anni fa l’allarme di una chiusura ha scosso la città e la comunità accademica internazionale, in questi mesi il fermento che non ha mai abbandonato l’ala nord sembra quasi moltiplicato. «A dicembre chiuderemo il restauro iniziato l’anno scorso, a marzo. In occasione della festa di sant’Agata organizzeremo un evento speciale», racconta la curatrice, Rita Angela Carbonaro

L’intervento disposto dalla Soprintendenza etnea è costato poco più di un milione di euro di fondi europei, spiegano dall’ente. «Il restauro della sala Vaccarini è totale – precisa Carbonaro – interessa il consolidamento statico, la scaffalatura, i dipinti del soffitto realizzati dal Pipero e i rifacimenti, dove sarà necessario, del pavimento», elenca. È la prima volta che la struttura e il suo immenso patrimonio vengono interessati da un’operazione di questo tipo. «L’immagine finale verrà fuori radicalmente diversa», afferma Giuseppe Sciacca, direttore lavori per conto della Soprintendenza. «Ci siamo concentrati sul nucleo delle biblioteche riunite. Gli affreschi e la scaffalatura sono stati ritoccati pesantemente nel corso del tempo – racconta l’architetto – Il legno ha avuto delle gravi riverniciature che lo hanno fatto diventare quasi nero». Grazie alla pulizia «giorno dopo giorno abbiamo visto tornare la sala come era un tempo – esclama Carbonaro – per noi che abbiamo assistito è una grande emozione».

Per permettere i lavori nella sala «c’era l’esigenza di rimuovere il patrimonio librario dagli scaffali», sottolinea Rita Angela Carbonaro. Dove portare antichi codici e materiale dal valore immenso? Due le possibilità: creare un deposito all’interno della biblioteca o portare tutto all’esterno, con relativi costi di affitto e assicurazione. «Invece ho avuto l’idea di ricostruire la biblioteca, sia il piano superiore che quello inferiore, all’interno del ponteggio usato dagli operai», svela la curatrice. Coprendo i volumi con spessi teli in plastica, è bastato un semplice spostamento di pochi metri, che ha permesso di risparmiare «i soldi di un affitto, avendo la sicurezza di tenere i libri sempre sotto tutela e fruibili se uno studioso ne avesse avuto bisogno». In questo modo «i disagi sono stati ridotti al minimo, perché la biblioteca è rimasta sempre aperta». Una soluzione originale e innovativa, vista con molta curiosità da altre strutture simili nel mondo.

La disinfestazione, invece, è in corso grazie una «camera ad atmosfera modificata e controllata», descrive Rita Angela Carbonaro. «I volumi vengono messi prima in alcuni contenitori, poi chiusi in una bolla dove viene tolto ossigeno e messa anidride carbonica con una pressione controllata». Un’operazione che consente di eliminare insetti o la presenza di qualsiasi infestazione, un pericolo da non sottovalutare nel caso di una biblioteca storica. 

«Nonostante manchino i fondi e non ci sia il personale, molte cose vengono fatte», afferma soddisfatta Carbonaro. All’intervento strutturale si aggiunge l’opera di digitalizzazione di 500 opere realizzato con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Un progetto avviato con la scansione della Bibbia miniata – datata tra il 200 e il 300 – del pittore Pietro Cavallini. Presto sulla piattaforma online del Cnr sarà disponibile l’intera sezione antiquaria del fondo benedettino. «Se avessi chiuso la biblioteca quando sono rimasta da sola, oggi sarebbe preda dei topi», ricorda la curatrice. «Invece bisogna avere il coraggio di resistere, trovare nuovi percorsi». Il recupero della sala Vaccarini, così come la possibilità di studiare e utilizzare liberamente le biblioteche, «ha dato voce a questo luogo – conclude – e quindi non lo ha fatto morire». 


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