L’Università di Palermo cresce e migliora la qualità della ricerca, in particolare in tre ambiti dove, rispetto al passato, recupera e si colloca al di sopra della media nazionale. A poca distanza da prestigiosi atenei del Paese come Padova e Bologna. A certificarlo è l’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca che, proprio in questi giorni, ha pubblicato i risultati contenuti nel rapporto finale del quadriennio 2011-2014. Dove si apprende che la«situazione italiana migliora praticamente ovunque», anche se permangono le differenze geografiche che caratterizzano il sistema universitario e «i migliori centri rimangono quelle settentrionali». Nonostante questo dato complessivo, Palermo è in controtendenza e ottiene dei buoni risultati.
«Globalmente su 16 aree di ricerca – spiega il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari – miglioriamo in 11 e restiamo costanti su due». E in tre casi, l’università palermitana viene addirittura citata tra quelle al top. A cominciare dalla facoltà di Ingegneria civile che si colloca al terzo posto tra quelle di media dimensione – preceduta solo da Bologna e Padova – grazie alla qualità degli articoli e saggi pubblicati sulle riviste nazionali e internazionali. «Ci sono precisi segnali di miglioramento – prosegue Micari – che riguardano tre aree dove siamo al di sopra della media nazionale. Nel precedente studio, invece, eravamo sempre, seppur di poco, al di sotto. Otteniamo, infatti, buoni risultati in Ingegneria civile, Scienze giuridiche e Scienze geologiche».
Un buon risultato lo fa registrare proprio Giurisprudenza che si posiziona terza in classifica – ancora una volta tra gli atenei di media dimensione – a pari merito con La Sapienza di Roma, superata solo da Verona e Milano, rispettivamente prima e seconda, per le performance che riguardano i promossi/neo assunti. «Questo dato – sottolinea il docente di diritto privato Enrico Camilleri – fotografa la qualità della ricerca e si riferisce, soprattutto, ai colleghi che da ricercatori sono diventati professori associati o professori associati che sono diventati ordinari e ai nuovi ricercatori. Nell’ultimo studio eravamo poco sotto la media. Oggi, invece, questo traguardo positivo premia il nostro reclutamento, come Ateneo abbiamo investito su ottimi candidati che hanno dato buona prova di sé, fanno buona ricerca e questi numeri lo confermano».
Ma, come ammette il rettore, dalla ricerca emergono anche alcune ombre, con tre ambiti di ricerca che arrancano e segnano il passo rispetto al passato: «Quest’anno perdiamo qualcosa in tre casi: Scienze fisiche, Scienze psicologiche e scienze politiche sociali. Le cause? Dobbiamo ragionare insieme ai dipartimenti e cercare di intervenire per correggere la direzione. Per questo preferisco parlare di moderata soddisfazione per gli esiti dello studio. C’è ancora molto da fare, ma rimane il fatto che la tendenza globale è al miglioramento con risultati importanti che altri atenei come Genova, Bari, Catania e Messina non hanno raggiunto» conclude.
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