Si è svolta venerdì 23 alle 17 nell'Aula Magna della Facoltà di Economia una tavolta rotonda promossa dal Comitato Pari Opportunità sul tema: "Unioni di fatto. Pluralità dei modelli di famiglia e regolamentazione giuridica". Ma l'ultima parola spetta al Parlamento.
Unioni di fatto, Dico: un interrogativo ancora aperto
Le unioni di fatto, tema di grande attualità che ha una forte rilevanza sociale dal momento che si trova al limite tra libertà individuale e parità di diritti, è stato al centro della tavola rotonda promossa dal Comitato per le pari opportunità nella persona di Rita Palidda, venerdì alle 17 presso la Facoltà di Economia. Punto focale di questo incontro è stato il confronto “composto” tra figure molto diverse: oltre alla professoressa Cavallaro, vicepreside di Economia, che ha introdotto i lavori facendo le veci del preside professor Carmelo Buttà, due omosessuali, due esperti giuristi e un sacerdote. Maurizio Caserta, delegato ai problemi etici dell’ateneo, Paolo Patanè, presidente regionale dell’Arcigay, Tommaso Auletta e Ida Nicotra, professori ordinari rispettivamente di diritto di famiglia e diritto costituzionale, e Don Giuseppe Ruggieri, docente di Teologia.
Due gli aspetti principali sottolineati nel corso del dibattito: la regolamentazione degli interessi dei singoli conviventi e la regolamentazione istituzionale rappresentata da questo modello alternativo alla famiglia, al matrimonio. “Il comitato pari opportunità – ha spiegato Rita Palidda – persegue l’obiettivo della valorizzazione delle risorse. Bisogna riconsiderare questi scenari ‘apocalittici’: crisi della famiglia, crisi della coppia, e quel dato preoccupante come il calo dei matrimoni che rientra tuttavia nella storia dell’uomo, negli scontri generazionali e nei mutamenti sociali. Anni fa, anche se la stabilità del matrimonio era forte, i problemi erano altri: la mortalità, l’immigrazione. Oggi i tempi di vita si sono allungati e sono sorte altre problematiche. L’instabilità, la sperimentabilità e l’incertezza rappresentano l’altra faccia delle aspettative che ognuno ha nel rapporto sentimentale con l’altra persona. In questa libertà gli individui della postmodernità rinunciano a matrimoni obbligati e coatti, come quelli che esistevano una volta”.
Si è discusso anche della questione etica – aspetto evidenziato in particolare da Caserta – e in particolare della percezione della complessità dei sottotemi che compongono questo tema più grande: da una parte la categoria del non eticamente sensibile che può essere trattato e negoziato, dall’altra quella dell’eticamente sensibile che fa riferimento al nostro essere, alle nostre emozioni, principi e senso d’identità. “Organizzazioni come i movimenti omosessuali e l’Arcigay, di cui io sono un rappresentante, rispecchiano questa identità. Rinunciare a quest’ultimo aspetto della nostra esistenza, l’eticamente sensibile, significa rinunciare a una parte di noi stessi”.
Da un punto di vista legislativo, secondo i docenti Auletta e Nicotra, è difficile prevedere la sorte del disegno di legge sulle coppie di fatto varato dal governo, che ha suscitato critiche e polemiche. “Gli allarmi sollevati circa la rivoluzione di questo disegno – ha dichiarato Auletta – sono infondati, perché non presenta un modello alternativo di famiglia rispetto a quello classico. In questo progetto è superato il problema dell’esclusività del modello familiare legittimo previsto dall’art. 29 della Costituzione”. Auletta ha proseguito affermando la necessità di regolamentare le convivenze o di rimettere alla libertà di scelta dei conviventi la rivelazione del contenuto del loro rapporto, osservando anche ciò che in questo senso accade negli altri stati europei: il modello francese, ad esempio, va verso l’autonomia privata che disciplina le convivenze tra persone del medesimo sesso o di sesso opposto. In Germania questo avviene solo per persone dello stesso sesso. Nel ddl che verrà presentato in Parlamento non si è scelto un modello “pattizio”, legato ai Pacs del modello francese, ma quella sui Dico, sigla che rimarca appunto i “Diritti dei Conviventi”.
Da non sottovalutare è il fatto che oggi ci sia un rifiuto del modello matrimoniale sovraccaricato di valori ed aspettative per come lo si viveva fino a qualche decenio fa, ed è emerso invece un diverso modo di vivere l’affettività nella convivenza che si ispira al modello matrimoniale senza l’assunzione di questo vincolo. Il riconoscimento della coppia di fatto è in effetti un rilevante giuridico, perché ha avuto nel corso del tempo il suo riconoscimento da parte del legislatore. “Penso che da parte di tutto il quadro politico ci sia attenzione verso le coppie di fatto. Un atto di coraggio: riconoscere unioni che non possono sfociare nel matrimonio per trovare una risposta seria a questo problema senza distinzione e senza discriminazione”, questo è il messaggio lanciato dalla professoressa Nicotra nel corso del suo discorso sulle norme della famiglia e dei diritti fondamentali inviolabili dell’individuo riconosciuti ufficialmente dalla Costituzione.
Paolo Patanè, presidente dell’Arcigay Sicilia, si è dichiarato soddisfatto per l’incontro, parlandone come di “una circostanza che permette di condurre il dibattito con serenità”, e ha quindi definito i Dico “un pasticcio che mette giuridicamente insieme situazioni molto diverse. La sfera dell’affettività è connessa a quella della libertà e si sviluppa con delle diversificazioni. C’è chi non ha scelta perché non può esercitare quella libertà legata al concetto di identità come riconoscibilità, applicazione reale di un principio di uguaglianza”. Dulcis in fundo la Chiesa: cos’è in gioco in questo dibattito per quest’istituzione religiosa millenaria? Dall’incontro di venerdì è emerso come sempre il suo secolare rapporto con lo Stato. Secondo don Ruggieri, “la teoria del potere indiretto della Chiesa ha radici storiche ed è competente in quelle questioni morali miste, per quelle leggi naturali che solo la Chiesa è in grado di interpretare autenticamente. L’etica civile e religiosa propone quel principio della laicità, che non vuol dire neutralità dello Stato, ma garanzia pubblica dei valori dei componenti di una società”.
Nessuna soluzione definitiva, dunque. Il disegno di legge varato dal governo rimane una questione aperta su cui ci si interroga per trovare un compromesso tra opposti modi di vivere la vita affettiva nel nostro Paese, e punta i riflettori sul peso che essa ha sulla nostra società. Attendiamo fiduciosi la decisione in Parlamento.