Unict, studenti a confronto con l’israeliana Noa Dalla «pornografia violenta» dell’Isis alla pace

«Shalom!». Rompe il ghiaccio con un invito alla pace la cantante israeliana Noa ospite di Radio Zammù al Palazzo centrale dell’università di Catania per approfondire insieme a studenti e professori il ruolo dell’artista e dell’arte nella società. «È un grande piacere essere in Sicilia – dice la cantante, che si esibirà sul palco del teatro Massimo Bellini oggi e mercoledì – per me è come una seconda casa». In 23 anni di carriera, Noa è tornata spesso nell’Isola per i suoi concerti, il primo italiano dei quali si è svolto proprio a Catania. La terra che ha dato i natali all’agente e amico Pompeo Benincasa, che anni fa ne scoprì il talento.

L’incontro di Noa con gli universitari etnei entra subito nel vivo della conversazione che parte dalla domanda racchiusa nel titolo dell’appuntamento: Nei sogni iniziano le responsabilità? Noa parla in italiano, sforzandosi di non fare errori e lasciandosi correggere. «Un’artista è una persona che cerca sempre qualcosa – spiega – che fa un viaggio alla ricerca della sua personale verità artistica e del modo di espressione». Un viaggio che non ha nulla a che fare con i soldi e la moda, così lontani dal fuoco che la spinge a fare quello che fa. «L’arte è sempre capace di cambiare la prospettiva – ripete più volte – e quando lo si capisce è facile intuire come essere un’artista impegnata cambi la prospettiva della realtà, che è quello di cui abbiamo bisogno». E Noa è un’artista che ha determinate convinzioni, che si assume la responsabilità di esserlo e che si interessa non solo di musica ma anche di politica e delle questioni sociali di Israele. In cui le piacerebbe «si parlasse, come in Sicilia, più di cibo che di guerra».

Dire che musica, arte e cultura possono combattere la violenza per la cantante è «naif» ma la cultura per lei gioca comunque un ruolo importante. «L’arte non può agire da sola, ognuno di noi deve lavorare per raggiungere l’obiettivo», dice la cantante. La sua attività, per esempio, è fortemente incentrata su un motto che esiste in tutte le regioni e le culture: Se ami i tuoi fratelli, ami te stesso. E Noa approfitta di ogni occasione per ribadirlo, anche grazie all’appoggio dei suoi amici scrittori che la fanno sentire «fortunata» e con cui porta a livello internazionale la cultura israeliana. Come il napoletano Erri De Luca. «Da quando ho letto Montedidio – spiega Noa – ho amato questo scrittore».
E la stessa stima la prova nei confronti dell’israeliano David Grossman con il quale vorrebbe provare a scrivere una canzone di pace. «Scrivere e cantare canzoni per la pace è quasi impossibile senza cadere nei cliché», confessa la cantante che apprezza anche Imagine di John Lennon. Tra i mille libri di Amos Oz che ha a casa, Noa canta e prende il caffè. «A volte vado a casa sua per conversare e sono onorata di avere l’opportunità di poter ascoltare le sue idee».

Ma è quando si affronta il tema della situazione palestinese che Noa dimentica l’italiano e si lascia trasportare dalle sue idee. «Bisogna provare a smettere di capire cosa è successo, chi ha ragione e chi ha torto. È necessario guardare la realtà così com’è e ripartire adesso, da qui e da ora». L’artista suggerisce di scendere a compromessi, mettere da parte le religioni, capire l’altra prospettiva ed essere flessibili. I tempi per un’unica nazione sono ancora prematuri, ognuno vuole «la propria terra, la propria bandiera, le proprie tradizioni». La prospettiva di creare due Stati per molti è impensabile ma, secondo l’artista, bisogna collaborare seguendo tre passaggi chiave. «Riconoscere gli altri per non avere un atteggiamento di distruzione nei loro confronti, scusarsi per il dolore causato e condividere la conoscenza e le risorse».

Alla domanda sulla rielezione di Benjamin Netanyahu, risponde con una battuta. «Potremmo chiederci la stessa cosa su Silvio Berlusconi in Italia o Donald Trump negli Stati Uniti». Un «triste e oscuro» fenomeno per il suo popolo, così come lo è l’Isis, definito «una pornografia violenta». «Non dobbiamo dire che è troppo grande o difficile da affrontare, abbiamo una responsabilità e dobbiamo fare qualcosa», sostiene la cantante. Che continua a raccontarsi come una donna innamorata di Israele, dove c’è la sua vita, la sua famiglia e gli amici. «In ogni altro Paese sono straniera e mi voglio battere per le cose che amo.
Dobbiamo vivere senza paura, lo dico sempre anche ai miei bambini», conclude.


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