Diciotto o ventiquattro? Aperto a tutti o riservato agli interni? Attorno al dilemma su che tipo di concorso bandire si sarebbero mosse le preoccupazioni della professoressa Maria Velia D’Agata, figlia di Vincenzo D’Agata, ex procuratore della Repubblica di Catania. Entrambi indagati nello scandalo che in questi giorni travolge l’università di Catania. E così sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori è finito pure il bando che avrebbe consentito alla professoressa di Anatomia umana e Istologia di passare al ruolo di ordinaria. Uno scatto di carriera ambito e ricostruito nelle 1700 pagine dell’ordinanza e che vede coinvolti anche il rettore de La Sapienza di Roma Eugenio Gaudio, l’ormai ex magnifico di Unict Francesco Basile e il diretto del dipartimento di Scienze biomediche Filippo Drago.
A mettersi in mezzo ai piani per consentire la promozione alla professoressa si sarebbe messo però un secondo pretendente. Anch’egli appartenente allo stesso dipartimento della figlia dell’ex procuratore capo. Per scongiurare ogni possibile interferenza, secondo gli inquirenti, Drago e Basile avrebbero cercato per lui una strada alternativa, «promuovendo un accordo tra le parti», scrive nell’ordinanza il giudice per le indagini preliminari Carlo Cannella. Ipotesi sbandierata, senza troppi giri di parole, durante una conversazione intercettata e inserita negli atti: «Vorrei che tu facessi un passo indietro e non ti presentassi a questo concorso», diceva al possibile candidato il direttore Drago. «Nel giro di sei mesi sistemo tutto, ti bandisco un altro posto, sono d’accordo con il rettore», continuava.
Intanto il dilemma ruotava attorno all’articolo di legge con cui bandire il concorso. Il rettore etneo, intercettato, cercava di chiarire la questione: «Per fare la chiamata 24 (riservato agli interni, ndr) deve essere certo che non ci siano altri idonei. Altrimenti si fanno la guerra». E davanti alla possibile partecipazione di entrambi, stando ai documenti, Drago sarebbe stato anche pronto a non bandire nessun concorso. A questo punto per il possibile outsider l’unica strada sarebbe stata quella di cambiare dipartimento e accedere a un concorso diverso. La situazione sembra non sbloccarsi e gli inquirenti monitorano un incontro tra l’ex magistrato, il rettore di Catania e la professoressa. Drago prova a rassicurarla: «Per te chiamiamo un articolo 18 (procedura aperta a tutti, ndr). Se Gaudio garantisce e lui fa il presidente di commissione». La donna però sosteneva di avere già parlato con il rettore dell’università romana: «Lui dice che se si presenta il Nobel, ovviamente lo vince il Nobel». Tanto da chiedere una procedura riservata agli interni perché il suo «maestro» altrimenti non avrebbe potuto garantire.
Ma cosa c’entra l’ex procuratore in questa storia? La ricostruzione è affidata alle carte dell’inchiesta. Per gli inquirenti l’unica spiegazione è legata proprio al ruolo che Vincenzo D’Agata ha rivestito fino a pochi anni fa «e della considerazione di cui gode». Occupandosi, sempre secondo l’accusa, «della strategia della figlia per il raggiungimento di un concorso riservato agli interni». Alla fine si sarebbe optato per la procedura interna e in questo, stando all’idea degli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo decisivo proprio il rettore de La Sapienza. «Ci sono molti idonei che possono arrivare dalla Germania, quindi è molto pericoloso fare articoli 18, quindi lui suggeriva di fare articoli 24 sia per Velia che per l’altro dipartimento», riferiva Drago al rettore Basile spiegando il Gaudio pensiero da poco appreso in un incontro romano. Il 20 settembre 2018 il lieto fine della vicenda con la procedura riservata agli interni. Per l’altro pretendente, invece, la strada sarebbe stata quella del dipartimento di Scienze mediche chirurgiche. Di cui è indagato il direttore Stefano Puleo.
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