Stamattina le contestazioni contro lo smantellamento dell'università italiana arrivano nell'ateneo catanese, con un incontro pubblico convocato al Rettorato da sigle sindacali, associazioni e coordinamenti di docenti, ricercatori, personale e studenti. Per denunciare l'agonia di tutto il sistema - causato da legge Gelmini e politica dei tagli - e il caso Unict, tra «abusi e antidemocraticità». Atteso anche il rettore Recca e i candidati a succedergli alla poltrona di Magnifico
Unict, in assemblea contro «l’autoritarismo» Catania tappa della mobilitazione nazionale
Un’assemblea contro lo smantellamento dell’università italiana. Dopo quelle di ieri a Palermo e a Messina, le inziative di mobilitazione nazionale indette da sindacati, associazioni studentesche e di categoria nella settimana dal 22 al 27 ottobre – arrivano anche a Catania. Dove stamani, dalle 11 alle 14, si terrà un incontro pubblico per denunciare le «condizioni drammatiche» in cui versa l’intero sistema universitario e, in particolare, la «grave situazione» di Unict, diventata addirittura un caso nazionale dopo la recente approvazione delle «norme comportamentali» sui provvedimenti disciplinari nei riguardi del personale che dissente, definite incostituzionali. Appuntamento nell’aula magna del Rettorato, dove, oltre a rappresentanti sindacali – locali e nazionali – e membri di associazioni e coordinamenti del mondo accademico, parteciperanno anche docenti, ricercatori e personale tecnico amministrativo, strutturato e precario. Prevista anche la presenza del rettore Antonino Recca – da lui stesso annunciata con una mail alla comunità accademica, in cui autorizzava l’assemblea – e dei candidati alla poltrona di Magnifico, che si rinnoverà il prossimo febbraio.
I punti all’ordine del giorno come si legge nel documento di convocazione diffuso dai promotori oltre all’applicazione della riforma Gelmini, riguardano «vertenze e criticità ormai insostenibili» dell’università di Catania. Come quella del personale tecnico-amministrativo del Policlinico universitario, passato da Unict alle Asp per non gravare sul bilancio, sui cui «lateneo ha proceduto e procede in modo avventuristico». Oppure la mancanza di un contratto integrativo per il personale tecnico amministrativo. O ancora la condizione dei lettori – «a cui viene chiesto indietro parte dello stipendio in base ad uninterpretazione grottesca della legge» -, e quella dei ricercatori, «ai quali si offrono inutili contentini a fronte del diritto al pagamento della imprescindibile attività didattica». Una problematica, quest’ultima, che va avanti da più di due anni, tra clamorose proteste, blocchi della didattica e iniziative legali, tra cui anche un ricorso del 2011, su cui il Tar di Catania deve ancora pronunciarsi.
Tutti esempi di cattiva gestione, sostiene chi ha indetto l’assemblea, che si legano a doppio filo alla «gravissima situazione» dell’ateneo catanese, in cui si è applicato «lo Statuto più verticistico e autoritario della penisola». E dove, come denunciano i promotori dell’assemblea, «si emanano provvedimenti gravi e autoritari sulluso delle aule e la democrazia interna dellateneo, si pratica un uso della comunicazione interna antisindacale e poco democratico, si producono linee-guida comportamentali in caso di provvedimenti disciplinari degne di stati dittatoriali». Un caso, quello delle sanzioni disciplinari, diventato nazionale, che ha suscitato polemiche e critiche anche da oltre lo stretto.
«Dagli altri atenei italiani sono arrivate numerose manifestazioni di solidarietà verso i docenti e il personale dell’università di Catania», sottolinea Gianni Piazza, ricercatore e membro di Rete 29 aprile e Coordinamento unico d’Ateneo, entrambe realtà promotrici della mobilitazione e che da sempre contrastano attivamente la mannaia dei governi sull’università e l’amministrazione Unict. E’ stato proprio il Cuda che nei giorni scorsi ha sollevato l’antidemocraticità del provvedimento sulle norme comportamentali, «lesivo dei diritti costituzionali, tra cui quello della libertà di espressione», afferma il docente di Scienza politica. E di cui chiedono «l’immediato ritiro, nonostante c’è chi dice che non verrà mai applicato». E’ anche per casi come questo, sempre più comuni dentro il Siculorum Gymnasium, che si è scelto di fare di Catania una delle tappe fondamentali della mobilitazione nazionale.
Non solo. Durante l’assemblea – organizzata da Andu, Coordinamento unico dateneo, Coordinamento nazionale professori associati, Coordinamento precari università, Coordinamento nazionale precari della conoscenza, Flc-Cgil Catania e Sicilia, Forum della docenza universitaria, Movimento studentesco catanese, Rete 29 aprile, Federazione Confsal-Snals Università-Cisapuni, Udu Catania, Uil Rua e Università bene comune – si approfondiranno i punti di una contestazione che investe il mondo accademico di tutto il Paese. Dall’applicazione dei principi «dannosi e pericolosi» della legge Gelmini – «funzionale ad una gestione iperburocratica e verticista degli atenei» -, alla scelta dall’attuale governo di procedere sulla strada, spianata dalle precedenti legislazioni – dei tagli selvaggi alle «risorse umane e materiali» degli atenei, che mette a rischio anche il diritto allo studio, a causa dei continui aumenti delle tasse studentesche. Un atteggiamento che «spalleggia la drastica riduzione di democrazia» tra le mura delle università, dovuta all’applicazione dei nuovi statuti regolarizzati dalla legge 240/10. E che accentua la gravi criticità in cui versa la ricerca, sempre più precaria e marginalizzata, e l’impossibilità del ricambio generazionale per docenti e ricercatori.
[Foto di Libertinus]