Unict, Addio alla facoltà di Lingue Pioletti: «È un nuovo inizio»

Da meno di una settimana la facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania non esiste più, dopo un lunghissimo anno nel quale si sono susseguite controversie – anche legali – per mantenere il polo nella sua sede etnea. Chissà se dieci anni fa Antonio Pioletti, preside fondatore della facoltà, pensava ad un epilogo di questo genere. «Nell’anno accademico 99/2000, onestamente, non me lo chiedevo nemmeno – risponde –. Tanta era la tensione in positivo che si pensava solo a costruire. L’impegno, mio e di tutti i colleghi, era grande ed era rivolto solo a questo progetto». Una nuova maniera di intendere l’università, coinvolgendo anche il territorio e la società civile. «Abbiamo adottato un motto: una facoltà nuova, non una nuova facoltà – spiega il docente –. Una sorta di esperimento rispetto alla tradizione accademica».

E di esperimenti ne sono stati fatti molti, a partire da quelli rivolti agli studenti: «Grazie ai colleghi più sensibili, abbiamo lavorato ad una serie di progetti rivolti al mondo della comunicazione, come i Medialab, Step1 e Radio Zammù. Senza dimenticare il cinema in lingua originale, il Learn by movies». Insomma, per il prof. Pioletti non ci sono dubbi: «Abbiamo rappresentato un esempio di come fare facoltà».

Purtroppo, a dispetto degli sforzi e delle migliori intenzioni, è obbligatorio il ritorno al 2011 e alla chiusura della più giovane delle 12 facoltà dell’Ateneo catanese. «Il processo che ci ha portato fin qui è stato complicato. È tuttora una situazione complessa, che si intreccia con la fine delle strutture dell’università così come la conosciamo oggi e con le problematiche economiche che non lasciano scampo» afferma l’ex preside. Ma non bisogna vedere il classico bicchiere mezzo vuoto: «A differenza di quanti si sentono sconfitti, il mantenimento dell’asse formativo linguistico a Catania è una vittoria – dice Pioletti –. Ho sempre cercato di guardare ai contenuti, tentando di salvaguardare un’offerta formativa di estrema importanza». La possibilità di studiare lingue straniere a Catania – seppur presso la facoltà di Lettere che ne ha assorbito i corsi di laurea – è, secondo il docente, un successo. «Spero che quest’asse resti, visto che sia il nostro territorio che i nostri studenti lo chiedono. E comunque, vista l’introduzione del numero chiuso per l’accesso a tutte le facoltà, non c’è nemmeno un problema di concorrenza con la sede di Ragusa».

A proposito della sede iblea, al centro di molte discussioni nei mesi passati, Pioletti la ritiene ancora un’esperienza positiva. «Il polo di studi orientali è stata una fonte di attrazione per molti studenti e docenti, non si possono tacere dei risultati così importanti».

«È inutile rammaricarsi» afferma con decisione il professore. Il suo pensiero va agli studenti – a suo avviso quelli che stanno più soffrendo della situazione – e alle sfide che la riorganizzazione dell’università post-riforma pone. «Dobbiamo fare nostra una visione che porti al miglioramento della qualità dell’offerta formativa», dice. E con tranquillità conclude: «Si tratta di un nuovo inizio».

[Foto di jakeandlindsay]


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

«Ricordate che in tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini e che, per un certo periodo, sono sembrati invincibili, ma alla fine, cadono sempre, sempre». È da un aforisma del mahatma Gandhi che ha preso spunto l’avvocata Alessandra Furnari nella sua discussione durante il processo per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto del 1999 […]

«Una macchina di imbrogli e di sotterfugi manzoniana che si è sviluppata sull’esigenza di un costrutto che doveva raccontare un’altra versione dei fatti». Così il procuratore di Pisa Alessandro Crini ha definito la ricostruzione da parte dell’esercito di quanto accaduto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999 nel corso della sua requisitoria a cui è […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo