Pubblichiamo la lettera di Giulia Di Vita, una palermitana del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Il 23 maggio ha ascoltato il discorso del presidente della Repubblica, in occasione della commemorazione della morte del giudice Giovanni Falcone e, scrive, «il suo incoraggiamento mi è sembrato sincero e mosso da reale convinzione e fiducia nelle nuove generazioni». Peccato che Napolitano e le istituzioni chiudano troppo spesso le porte in faccia ai giovani
Una grillina scrive a Napolitano «Noi già in campo ma voi non lo sapete»
Giulia Di Vita è una giovane palermitana che fa politica. Nel Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Il 23 maggio ha ascoltato il discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della commemorazione della morte del giudice Giovanni Falcone e, scrive, «il suo incoraggiamento mi è sembrato sincero e mosso da reale convinzione e fiducia nelle nuove generazioni». Questi sentimenti, però, sono in contrasto con il reale comportamento delle istituzioni: «Quei giovani, cui rivolge quel meraviglioso e accorato appello scendere in campo per il rinnovamento della politica quando poi lo fanno sul serio, non trovano da parte sua sostegno, appoggio o frasi di incoraggiamento e gratificazione». Pubblichiamo di seguito la lettera di Giulia.
Salve sig. Napolitano,
chi Le scrive è una giovane, palermitana.
Ho visto e ascoltato il suo discorso tenuto a Palermo presso l’aula bunker, il 23 maggio, per il ventennale della strage di Capaci. Ho apprezzato e condiviso pienamente il messaggio da Lei rivolto ai giovani e giovanissimi, l’ho ritenuto davvero molto importante. La sua commozione è stata la mia, il suo incoraggiamento mi è sembrato sincero e mosso da reale convinzione e fiducia nelle nuove generazioni. Forse la stessa fiducia che ripongo io nella mia generazione perché tocco con mano quella carica, quella sensibilità e quella generosità cui Lei ha fatto cenno nel suo discorso. Ho visto e vedo miei coetanei, e ancor più giovani, ribellarsi al lassismo ereditato dalle loro famiglie, adolescenti che alla discoteca preferiscono una serata a Cinisi per conoscere e ricordare Peppino Impastato; giovani famiglie che dall’estero tornano a casa, a Palermo, perché è qui che vogliono crescere i propri figli e qui vogliono donare loro ciò che questa terra, e nessun’altra al mondo, ha da insegnare; vedo giovani, a volte giovanissimi, imprenditori che completamente soli provano a crearsi delle opportunità di lavoro da sé, quotidianamente intrappolati dalla burocrazia e ancor peggio dalla disillusione dei più adulti; vedo bambini delle periferie degradate della città con situazioni familiari delicate spiegare con dovizia di particolari cos’è la mafia, ma ancor meglio cos’è la mentalità mafiosa e la candida e triste ammissione di dovere fare ricorso ad essa sottolineando però di sapere che «è sbagliato» e che «fa del male alla gente»; vedo giovani laureati, continuamente frustrati dall’impossibilità di potere mostrare e affermare le proprie capacità, dire «Ma io da qui non me ne vado lo stesso. Andare via è troppo facile». Quanto coraggio c’è in queste parole?
Alcuni la chiamano incoscienza, altri la chiamano pigrizia, altri perfino pazzia. Io vedo solo forza, determinazione ed un altissimo grado di consapevolezza, forse il più grande regalo di Falcone e Borsellino.
Come da Lei suggerito sto completando con impegno la mia formazione e il mio apprendistato civile insieme ad altri più o meno giovani palermitani, facendoci forza gli uni gli altri, tenendo sempre alto l’obiettivo per non cadere nella facile tentazione del primo aereo che ci porti via da qui. Ci hanno chiuso porte e finestre, ci hanno voluto tenere fuori, ma siamo scesi lo stesso in campo proprio perché consapevoli che se non portiamo noi avanti il rinnovamento della politica non lo farà mai nessuno. Come dice Lei, l’Italia ne ha davvero bisogno.
In questi anni ci siamo fatti portatori di quelle idee e quei principi per noi imprescindibili perché ci sia vera democrazia, perché questo possa a pieno diritto ritenersi un Paese libero e perché venga onorata finalmente la nostra Costituzione. Abbiamo voluto dare un indirizzo alla politica, palesare il cammino che noi giovani e meno giovani italiani vogliamo cominciasse a intraprendere il nostro Paese, che altro non è che il cammino della legalità, della trasparenza, del rispetto e della tutela delle regole, delle leggi e dei diritti di tutti i cittadini per un pacifico e virtuoso convivere. Cos’altro potremmo desiderare?
E l’abbiamo fatto nel 2007, io avevo 22 anni, con uno degli strumenti messi a disposizione dalla Repubblica Italiana, una proposta di legge di iniziativa popolare per portare la volontà dei cittadini direttamente all’interno del parlamento perché fosse discussa. Erano tre semplici proposte altamente condivisibili, una tra tutte l’eliminazione di persone condannate in via definitiva dai ruoli istituzionali. Che segnale era questo se non il bisogno e la volontà di essere rappresentati dal meglio della società, ovvero da persone oneste, almeno incensurate nella carta?
A Palermo raccogliemmo 12.000 firme in una sola giornata e non so quante altre giornate abbiamo impiegato per la certificazione e i vari iter burocratici previsti sempre nel massimo rispetto delle regole, ragazzi impegnati giorno e notte, una mobilitazione continua ma col sorriso sulle labbra, fieri di portare avanti delle proposte che avrebbero potuto migliorare la nostra politica o rappresentare almeno un modello o un segnale chiaro proveniente dal popolo. Fummo completamente ignorati, ma non solo, anche insultati ed etichettati. Prima finestra sbattuta in faccia.
Restammo in campo però, anzi ci riprovammo subito dopo, stavolta con uno strumento più potente, la raccolta firme per un referendum per impedire il finanziamento pubblico all’editoria, ritenuto infatti un inutile sperpero di denaro pubblico a fronte di un servizio alquanto scadente, visto e considerato che l’Italia è giudicata Paese «semi-libero» in termini di libertà di stampa (rapporto Freedom House). Molte più firme da raccogliere e ce l’abbiamo fatta anche in questo caso, ma anche stavolta ignorati e, come sempre, insultati. Porta sbattuta in faccia.
Nel frattempo restammo chiaramente in campo provando ad aprire altri piccoli spiragli, tra le tante attività portate avanti, riuscimmo ad ottenere, ad esempio, l’autorizzazione dal consiglio comunale di Palermo a fare le riprese video e pubblicarle online in modo che tutti i palermitani potessero vedere come lavoravano i propri rappresentanti. E poi decine e decine le iniziative sulla legalità, mafia, ambiente, sviluppo, cultura, ecc che ci hanno portato a conoscere tante altre belle realtà tutte palermitane che ci hanno permesso di restare qui, hanno dato un senso al nostro stare insieme, uniti contro le difficoltà, per dare il nostro concreto contributo in questa terra per un vero cambiamento. I sacrifici e il peso di tutto questo sono sempre passati in secondo piano perché il progetto si è presentato molto più ambizioso: trasformare le parole in fatti. E con il tempo i risultati non si sono fatti attendere troppo: il cambiamento non solo lo abbiamo ricercato ma lo abbiamo assimilato. Abbiamo cambiato i nostri modi di vivere, di pensare, di relazionarci, siamo sempre noi ma abbiamo migliorato le nostre abitudini quotidiane, delle nostre case, delle nostre famiglie, abbiamo imparato tanto gli uni dagli altri anche da un capo all’altro del Paese, ci siamo fatti umili, ci siamo lasciati aiutare, abbiamo aiutato, abbiamo fatto esperienza della solidarietà, del mettersi in gioco, del litigare anche ma in modo costruttivo, della cooperazione disinteressata, della condivisione soprattutto del sapere e delle conoscenza, della gratuità, abbiamo sognato il nostro mondo ideale e a pezzi lo stiamo realizzando, mattone dopo mattone. In poche parole abbiamo fatto politica, quella politica che sogniamo un giorno di vedere in parlamento dove al centro dell’attenzione di tutti c’è la comunità e il suo benessere, solo questo.
Siamo rimasti in campo, anzi questo campo lo conosciamo già molto bene e difficilmente ci tireremo ormai indietro, anzi siamo diventati sempre più forti, convinti che se ci vogliono tenere fuori e chiuderci porte e finestre allora dobbiamo aprircele da soli. E così abbiamo fatto, il MoVimento Cinque Stelle raccoglie tutti questi giovani scesi già in campo affinchè possano aprire quelle porte e finestre da troppo tempo sprangate. Ne avremmo volentieri fatto a meno se la politica e i partiti avessero ascoltato e tenuto in considerazione le nostre istanze, se avessero quanto meno aperto un dibattito in merito, se ci avessero chiesto la nostra opinione, se si fossero almeno impegnati a cambiare e ridare dignità a questo Paese, una voglia di dignità gridata ormai da più parti. Ma non l’hanno fatto, e tuttora non lo stanno facendo. E allora abbiamo deciso di scendere completamente in campo e provarle tutte, farci portatori noi stessi in prima persona dei nostri valori nelle istituzioni, in primis legalità e trasparenza come salta all’occhio da qualunque nostra regola, idea, o proposta. Candidati incensurati, rapporto diretto tra cittadini e istituzioni, eletti che rimettono il mandato ogni 6 mesi per sottoporlo a verifica degli elettori, bilancio partecipativo, wi-fi libero, rifiuto dei rimborsi elettorali, ecc cosa sono questi se non la messa in pratica dei nostri desideri?
E allora caro presidente Lei mi confonde, perché quei giovani, cui rivolge quel meraviglioso e accorato appello scendere in campo per il rinnovamento della politica quando poi lo fanno sul serio, non trovano da parte sua sostegno, appoggio o frasi di incoraggiamento e gratificazione. Nell’aula bunker ha affermato che l’Italia ce ne sarà grata ma il presidente della Repubblica invece dà del demagogo a colui che ha fatto in modo che questi giovani scendessero davvero in campo e paragona noi addirittura al movimento dell’Uomo Qualunque. È necessaria una rigenerazione dei partiti, e siamo d’accordo, lo gridiamo da anni, nessuno pensa che i partiti in sé siano il male o degli strumenti da debellare, è il modo in cui vengono usati che è da rivoluzionare. Chi lo potrebbe fare non lo fa e non ha alcuna intenzione di farlo, allora siamo scesi in campo con uno strumento nuovo, rivoluzionario, quello che è il Movimento Cinque Stelle, che possa fornire finalmente il giusto stimolo per questo auspicato e disperato bisogno di palingenesi.
Questa mia lettera quindi solo per dirLe che il suo appello è stato accolto prima ancora che lo pronunciasse, che molti giovani sono già in campo anche se Lei non li vede, molti nell’Italia meridionale che a rallentatore sta seguendo la scia del cambiamento, che anche qui stiamo cercando di forzare quelle porte e finestre di cui ci ha parlato. Io Le rivolgo l’appello di una cittadina giovane, palermitana, siciliana, italiana che a Capaci e in via d’Amelio ci passa ogni giorno: ci guardi con occhi nuovi, scenda in profondità e non si accontenti della superficie, metta da parte Beppe Grillo e raccolga la sostanza, i nostri contenuti e le nostre idee, quelli dei giovani già scesi in campo.
Giulia Di Vita, giovane palermitana
Palermo, 24 Maggio 2012
[Foto di Vetralla5stelle]