Una cura dimagrante per l’ateneo catanese

Dopo la pubblicazione dell’articolo sui tagli all’università della scorsa settimana, abbiamo sottoposto a Giacomo Pignataro, responsabile del gruppo di lavoro nominato dal rettore per trovare delle soluzioni alla riduzione dei trasferimenti dallo Stato, i vostri quesiti.

A quanto ammontano i soldi che dovevano entrare nelle casse dell’università di Catania e che invece non sono entrati. Che speranze ci sono di averli? Perché il Rettore e il Direttore amministrativo non rendono pubblici i debiti accumulati, non dall’università, ma dai consorzi universitari delle sedi decentrate nei confronti dell’ateneo? Non ci vorrebbe più trasparenza su questo problema? (Valerio)
Non credo ci sia alcuna intenzione di nascondere l’entità dei debiti dei consorzi universitari, perdue ragioni. La prima è che essi sono dichiarati in bilancio. Dal conto consuntivo del 2007 (capitolo 12090600), si desume che essi ammontano a 32.481.068,59 euro. La seconda è che l’amministrazione, attraverso il Rettore, informa puntualmente e costantemente gli Organi di governo, e qualche volta l’intero Ateneo, sull’evoluzione della situazione. Vedremo nelle prossime settimane se le azioni giudiziarie già intraprese nei confronti di alcuni enti e, allo stesso tempo, i tentativi di trovare una soluzione negoziale con altri di essi, porteranno ad una progressiva riduzione di quell’ammontare e, soprattutto, ad una regolarizzazione dei pagamenti.

Mi piacerebbe sapere se è verosimile che il blocco del turn over al 20% (un nuovo assunto per cinque pensionati, ndr) non permetterà la chiamata degli idonei, cioè vincitori dei concorsi da professore che le università hanno recentemente bandito. E’ possibile che la regola del 20% non permetta la presa in servizio della maggior parte? L’idoneità dopo tre anni scade, il blocco del turnover al 20% dovrebbe esserci proprio per tre anni, fino al 2011. Sembra una domanda troppo tecnica, ma interessa moltissime persone. (Maurizio)
Allo stato delle informazioni attualmente disponibili, qualsiasi assunzione in servizio connessa a valutazioni comparative per professori e ricercatori (per questi ultimi, fanno eccezione i concorsi banditi con il cofinanziamento ministeriale) è soggetta, qualora realizzata a partire dall’1/1/2009, al contingentamento del turnover, che durerà anche oltre il 2011. Le assunzioni fatte a partire dal 2012, infatti, saranno assoggettate ad un limite del 50% delle cessazioni dell’anno precedente. Poichè nel nostro sistema non esistono, per quanto riguarda la docenza, progressioni di carriera, in quanto il passaggio ai diversi ruoli (professore associato e ordinario) avviene tramite un concorso, che non ha alcuna forma di riserva per il personale già in essere in un altro ruolo, qualora un docente dell’Ateneo dovesse risultare idoneo in valutazioni comparative per professore associato o ordinario bandite dall’Ateneo stesso, se chiamato dalla Facoltà che ha bandito, cesserebbe dal ruolo precedente e dovrebbe essere assunto in servizio nel nuovo ruolo. Pertanto, anche in questo caso, la presa di servizio equivarrebbe ad una assunzione e, a partire dal 2009, deve trovare copertura in cinque cessazioni dell’anno precedente. Il nostro Ateneo ha sempre “onorato” i concorsi che sono stati banditi e ritengo che continuerà a farlo. Ciò che si renderà, probabilmente necessario, per rispettare il vincolo imposto dalla legge e la previsione normative sulla durata dell’idoneità, è una programmazione delle prese di servizio. Questo, tuttavia, appartiene alla sovrana decisione degli Organi di governo dell’Ateneo.

I dati che avete riportati sono stati calcolati da voi studenti o dal professore che avete intervistato? Mi sembrano esagerati. (Maurizio)
I dati riportati da Step1, che sono stati diffusi dal Rettore sulla base di una valutazione fatta da colleghi di altri Atenei, coincidono sostanzialmente con quelli che poi sono stati iscritti nelle Tabelle del disegno di legge finanziaria per il 2009, che il governo ha di recente presentato al Parlamento. A dire il vero, secondo tali tabelle, il FFO (Fondo di finanziamento ordinario) nel triennio dovrebbe essere pari a 7,443 mld nel 2009, 6,713 mld nel 2010 e 6,030 mld nel 2011. Le cifre derivano, oltre che dalle norme del d.l. 112 (in particolare l’art. 66 e l’art. 69), anche dal primo provvedimento finanziario del governo Berlusconi, quello che ha abolito l’ICI sulla prima casa (d.l. 93/08 convertito con L.126/2008), dove all’art. 5, co. 7, prevede che, al fine di garantire la copertura finanziaria del provvedimento, a decorrere dall’anno 2010 si opererà una riduzione lineare del 6,85% di tutti gli stanziamenti della Tabella C allegata alla legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007). Tra tali stanziamenti, vi è, appunto, quello relativo al FFO delle Università (il taglio, dal 2010, è di circa 480 milioni di Euro per anno). Bisogna, peraltro, aggiungere che nella Finanziaria per il 2008 era stato previsto un fondo incrementativo del FFO per il triennio 2008-2010, pari a 550 milioni annui. Dal 2011, vengono, quindi, meno anche questi 550 milioni. Le tabelle allegate al disegno di legge finanziaria per il 2009 rappresentano, quindi, gli stanziamenti di bilancio per il FFO, nel triennio 2009-2011, a legislazione vigente. Non sono, cioè, mere previsioni: il loro ammontare può essere modificato soltanto se si interviene con norme di legge, in sede di approvazione di questa finanziaria, o successivamente.
Faccio presente che il blocco, al 20%, del turnover non ridurrà affatto la spesa per il personale.
L’analisi condotta da una Commissione del CdA di Ateneo (clicca qui per leggere il documento) ha, infatti, previsto che la spesa per il personale, anche se non si procedesse ad alcuna assunzione (turnover pari a zero), continuerebbe ad aumentare sino al 2011, in quanto le economie di spesa derivanti dai pensionamenti non sarebbero sufficienti a compensare gli aumenti stipendiali del personale e gli scatti di anzianità (che rimangono a carico del bilancio dell’Ateneo).

Se l’ateneo ritenesse che alcune facoltà hanno un eccesso di personale, definibile secondo qualche criterio (rapporto studenti/docenti, laureati per docente, pubblicazioni per docente) si dovrebbe logicamente arrivare alla conclusione di ridurre alla norma quelle facoltà. Infatti tagliare la spesa in modo indifferenziato (“pagheranno tutti”) non è la peggiore forma di iniquità? (Maurizio)
Mi rendo conto che la sintesi di una conversazione telefonica non può rendere efficacemente il mio pensiero. Non ricordo bene se ho detto “pagheranno tutti”, ma questo è poco rilevante. Il mandato tecnico che mi ha conferito il Rettore è  di “scandagliare” tutte le voci del bilancio di Ateneo per verificare la possibilità di realizzare risparmi di spesa, senza compromettere il livello dei servizi erogati, attraverso miglioramenti nell’efficienza della gestione della spesa. Queste potenzialità di risparmio vanno ricercate ovunque esse possano essere realizzate. Il compito del gruppo di lavoro è, quindi, quello di fornire informazioni utili e puntuali, affinchè il Rettore possa istruire il lavoro degli Organi di governo che dovranno, poi, assumere delle decisioni.

In sintesi, cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Riprendendo la mia veste di rappresentante dei docenti in CdA, e il mio mestiere di economista, non posso non rilevare che il quadro macroeconomico nazionale e internazionale, come emerge ormai dalle cronache quotidiane, non volge al bello: siamo già in una fase di debole (eufemismo !) crescita del PIL e potremmo dover affrontare emergenze finanziarie come hanno fatto già altri Paesi (gli USA, in primo luogo). Dubito fortemente, ma spero di essere smentito dai fatti, che i vincoli della finanza pubblica possano allentarsi nei prossimi anni. In questo contesto, e con una opinione pubblica non sempre ben disposta nei confronti dell’Università, sarà difficile che i tagli al FFO vengano “abbandonati”. La situazione che affronteremo nei prossimi mesi sarà molto seria. Certamente, è possibile, giusto e politicamente condivisibile protestare, e “premere”, a tutti i livelli, perchè il governo muti le proprie decisioni. Allo stesso tempo, tuttavia, credo che tutta la comunità accademica e, a maggior ragione, chi ha responsabilità di governo dell’Ateneo, debba cercare i modi migliori per condurre l’Ateneo nel difficile e periglioso percorso che lo attende in questi anni, fare uno sforzo di riflessione (autocritica) e di cambiamento, che lo porti a (ri) considerare il suo ruolo nella società e il contributo al suo sviluppo, nell’ottica di una sempre maggiore responsabilizzazione nei confronti della società stessa, che paga per finanziarci.


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