“Un programma politico non si inventa, ma si vive” (Sturzo)

di Maria Squillaci

Quando in democrazia più della metà degli elettori si astiene, l’unico dato oggettivo è la mancanza di una maggioranza politica, gli eletti rappresentano la minoranza.

Non mi stupisco difronte ad azioni che ormai di politico non hanno più quasi nulla, il perché lo affido ad una frase di Winston Churchill: “Il successo è la capacità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo”.

Se la maggioranza dell’attuale classe dirigente non perseguisse il successo di cui dice Churchill, penso che il nostro Paese potrebbe avere la possibilità di superare la crisi.

La deriva etica ha soffocato la politica lasciando il posto a “tatticismi” finalizzati esclusivamente al raggiungimento di interessi particolari.

In questo contesto le elezioni, sia amministrative che regionali, non sono più lo strumento democratico con il quale si scelgono gli amministratori della res pubblica, ma sono utilizzate come “test di coalizioni possibilmente vincenti”. Anche questa c.d. nuova fase, caratterizzata da profili c.d. tecnici, oscilla tra perbenismo e qualunquismo. Si è smarrita la capacità di osservazione della realtà, si compiono scelte seguendo le mode ideologiche, le azioni non sono conseguenziali alle idee ed agli ideali. (a destra, foto tratta da pensieriefatti.wordpress.com)

Ideologismi, considerazioni preconcette che si traducono in quella demagogia gentile o urlata che fa sprofondare la politica nelle querelle sulla monotonia del posto fisso, sulla sorpresa per la spartizione dei rimborsi elettorali, ecc. ecc.

Platone scriveva: “Dunque il retore e la retorica si trovano in questa posizione rispetto a tutte le altre arti: non c’è alcun bisogno che sappia come stiano le cose in sé, ma occorre solo che trovi qualche congegno di persuasione, in modo da dare l’impressione, a gente che non sa di saperne più di coloro che sanno”.

Platone ci spiega, a distanza di secoli, perché non si riesce a fare alcuna riforma, perché dalla Prima Repubblica siamo passati alla Seconda in un prosieguo di corruttele e familismi che gattopardianamente ci stanno portando alla Terza. Retori e retorica capaci solo di costruire la Repubblica del trompe l’oeil.

Gesualdo Bufalino scriveva: “Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, come è difficile scegliere”.

La società civile, dai molti cercata e chiamata , i boni cives, che conducono una vita dignitosa aspirando semplicemente ad un’aurea mediocritas di oraziana memoria, avvertendo la responsabilità della coerenza e la necessità del ripristino dell’etica pubblica praticano l’astensione sturziana come obiezione politica , perché come diceva Sturzo : “Un programma politico non si inventa , ma si vive”.

Senza coerenza e responsabilità non è possibile costruire, precisando che è responsabile colui che sa venire a capo delle situazioni valutandone i rischi, gli esiti, assumendosi l’alea, conscio di aver svolto il proprio dovere, di accettare le conseguenze della propria condotta qualunque esse siano, perché la responsabilità non può essere scissa dalla coerenza, dall’affidabilità e dalla coscienziosità, non è più sopportabile la mancata considerazione, non tanto delle intenzioni, quanto dei risultati effettivi dell’agire. (a destra, una foto di don Luigi Sturzo tratta da caravella.eu)

In una società globale la responsabilità è lo strumento principe per arginare i danni delle c.d. finanze selvagge o creative, è necessario privilegiare la continuità tra passato e futuro, ripristinando l’importanza centrale del rispetto degli impegni presi e della parola data, con la sola possibilità di ritornare sulle proprie decisione limitata ai casi oggettivi di mutamenti fattuali.


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