Il protocollo d'intesa, firmato tra i principali soggetti istituzionali della città a dicembre scorso, punta a porre maggiore attenzione su un tema che ormai riguarda anche Palermo, quello dei matrimoni forzati. Tra gli obiettivi anche quello di garantire il diritto allo studio, con una particolare attenzione alle periferie
Un osservatorio contro il fenomeno delle spose bambine «Una realtà ancora sommersa, nessuno vuole parlarne»
Un luogo che mira a diventare punto di riferimento per l’istruzione dei ragazzi, palermitani e stranieri, ma anche per prevenire ogni forma di violazione dei diritti della persona. Un luogo soprattutto di opportunità e che avrà sede proprio a Palermo, nei locali della prefettura in via Cavour. Sarà l’Osservatorio per la tutela del diritto allo studio e all’uguaglianza delle opportunità educative, promosso dalla prefetta Antonella De Miro. Un luogo voluto fortemente e mosso, in prima battuta, dall’esigenza di porre la giusta e necessaria attenzione sul drammatico fenomeno delle spose bambine, «un fatto ancora troppo sommerso, di cui la gente non vuole parlare», per usare le parole della presidente della Consulta delle Culture Delfina Nunes, che ha sposato il progetto. Insieme a lei, gli altri componenti dell’Osservatorio sono il questore Renato Cortese, il tribunale per i minorenni, l’assessorato regionale alla Famiglia, e gli assessori alla Scuola e alla Cittadinanza solidale, Giovanna Marano e Giuseppe Mattina.
«Abbiamo tutti accettato di buon grado di aderire a questa idea», commenta proprio l’assessore Mattina. «L’idea di partenza era quella di puntare proprio alla repressione del fenomeno dei matrimoni combinati per le adolescenti straniere, tema poi ampliato al diritto allo studio di tutti i minori – spiega – con una particolare attenzione alle periferie per frenare l’abbandono scolastico». Per riuscire nell’intento, si ricorre a una formula già in precedenza collaudata con successo, quella di una rete interistituzionale che permetta a soggetti con funzioni diverse di agire per un comune fine ultimo. La rete, quindi, dovrà «attivare un sistema di monitoraggio permanente e integrato sulle violazioni dei diritti alla libertà personale con particolare riferimento ai matrimoni forzati fra i minori di altra nazionalità», si legge nel protocollo d’intesa firmato a dicembre. E, ancora, «definire, sulla base dei dati raccolti, un piano integrato multilivello di prevenzione del fenomeno fra le istituzioni componenti dell’Osservatorio», che in seconda battuta fornirà «una programmazione operativa annuale con verifica dei risultati in itinere».
A incidere più di tutto sulla creazione dell’Osservatorio è stato l’episodio legato a una quattordicenne del Bangladesh che, tempo fa, aveva deciso di fuggire di casa per sottrarsi alla decisione della famiglia di riportarla nel paese di origine per un matrimonio combinato. Un fenomeno rispetto al quale una città come Palermo non è più estranea, seppure se ne parli, quando va bene, ma sempre con molta reticenza. Un fenomeno che «rappresenta una violenza di genere che coinvolge giovani donne e bambine costrette a subire violenze fisiche e psicologiche – si legge ancora nel protocollo -. Occorre supportare le giovani immigrate nel percorso di integrazione nel tessuto sociale di questo territorio, prevenendo ogni forma di violenza». L’idea è quindi di mettere a punto un vero e proprio sistema di informazioni integrate sui casi documentati, punto di partenza ideale per l’analisi del fenomeno e per l’individuazione delle possibili iniziative di prevenzione. Un lavoro corale, di squadra per garantire e, in certi casi, restituire dignità alla persona, straniera e non.