Un libro per chi ha bisogno di ricostruirsi

La sua protagonista, Violette Toussaint, si ricostruisce pazientemente, gesto dopo gesto, come quando impara a leggere («È come imparare a nuotare. Una volta appresi i movimenti della bracciata, una volta superata la paura di affogare, attraversare una piscina o un oceano è più o meno la stessa cosa, è solo questione di fiato e allenamento»), e lo fa da un luogo particolare in cui riconciliarsi con la vita. 

Violette è infatti la guardiana del cimitero della cittadina francese di Brancion-en-Chalon. L’atmosfera è quella del Favoloso mondo di Amelie per cui, se non siete tra i fan di Amélie Poulain, tenetevene alla larga. Ma il profumo è anche quello della portineria di Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, se non fosse che Renée è schiva, Violette aperta, e al cioccolato fondente della prima preferisce un bicchierino di porto. Entrambe, tuttavia, sanno apprezzare i piccoli piaceri della vita, e godono di un punto di vista privilegiato sull’umanità, quale è possibile avere solo nei luoghi di passaggio o che vengono spesso attraversati, come l’androne di un palazzo o il cancello di un cimitero. 

Da questo spazio di confine, tutto è osservabile: «L’odio e la violenza, il sollievo e la miseria, il risentimento e i rimorsi, il dolore, la gioia, i rimpianti, tutta la società, tutte le origini e tutte le religioni su pochi ettari di terra». La casa di Violette ha due porte, una che dà sulla strada – la vita, l’umanità, il chiasso senza filtri – e l’altra sul cimitero, un luogo comunque abitato più dai fantasmi interiori dei vivi che da quelli che popolano i racconti dell’orrore. Il segreto di un’esistenza felice, sembra dirci Violette, è nell’equilibrio tra le due dimensioni della vita e della morte, negli argini che sappiamo costruire per difenderci dalle intemperanze dell’una e dell’altra, e nel modo in cui sappiamo metterle in comunicazione

Attorno alla vicenda principale, se ne sviluppano numerose altre, alcune della lunghezza di una sola pagina, altre di più, e il ritmo, soprattutto nella seconda parte del romanzo, è quello incalzante del giallo. Il successo di Cambiare l’acqua ai fiori è esploso durante il lockdown, in modo in larga parte imprevisto dai suoi stessi editori. Un romanzo di 473 pagine, la cui mole avrebbe spaventato in altri momenti, sarà sembrata rassicurante nella situazione in cui eravamo e siamo ancora, che ci richiede di rimanere a casa il più possibile. Tuttavia, credo che Cambiare l’acqua ai fiori debba buona parte del suo successo proprio a quel titolo molto bello: il titolo giusto, quando tutti avevamo bisogno di trovare risorse interiori per non appassire. 

Consigliato se: Hai bisogno di ricostruirti. Hai bisogno di disfarti di qualche giudizio costruito troppo frettolosamente su una persona. Stai passando un periodo particolare e vuoi ricevere un consiglio di lettura

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Vera Navarria, vicepresidente dell’associazione Arcigay Catania ed editor per la casa editrice Villaggio Maori, ci darà consigli di lettura per arricchire il nostro spirito e curare la nostra anima.


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