«Sono sempre stato attratto dal mondo dell’arte. Ho cominciato da pittura e scultura, assaggiando tutte le arti, ma nessuna mi soddisfaceva realmente, forse perché non riescono più a sensibilizzare l’uomo. Il vero strumento che può rappresentare la mia visione delle cose è il cinema, che le racchiude tutte ed è in grado di trasmettere anche messaggi importanti». Come quello della crisi climatica, raccontato dal produttore e regista siciliano Eduardo Veneziano nel suo film documentario Un baiano pirandelliano – Menelaw Sete, girato tra Sciacca e l’Etna e presentato ufficialmente lo scorso 4 aprile in Brasile, dove ha già riscosso un discreto successo. Un ponte attraverso l’oceano dovuto anche al protagonista del film: Menelaw Sete, detto il Picasso brasiliano, artista sudamericano contemporaneo conosciuto anche nel Comune agrigentino per il gemellaggio con Salvador de Bahia. Veneziano, 27 anni, originario proprio di Sciacca, comincia come architetto per poi formarsi come regista e produttore a Cinecittà, a Roma. «Ho avuto qualche esperienza di produzione di fiction, film e programmi televisivi – racconta a MeridioNews – prima di ritornare in Sicilia, tre anni fa, cercando nonostante le difficoltà di portare un po’ di cinema nel Comune dove sono nato e dove non esistono realtà cinematografiche».
Veneziano è partito da zero, dedicandosi al mondo dell’imprenditoria e del marketing aziendale per autofinanziare le sue produzioni. E oggi è al suo terzo film documentario. Il primo racconta Sciacca ed è stato distribuito anche negli Stati Uniti; mentre il secondo gli è stato commissionato dal Club Emigranti di Boston per narrare una delle loro tradizioni. Protagonista del Baiano Pirandelliano, invece, è l’artista brasiliano Menelaw Sete che racconta non solo la situazione attuale del pianeta, ma anche l’aspetto sociale della mentalità dell’uomo di oggi. Un contrasto, quello tra arte e realtà, rinforzato dalla poetica di Luigi Pirandello, secondo cui l’uomo si trova a essere uno, nessuno e centomila. Ma anche dai cartoni animati collocati alla fine di ognuno dei quattro capitoli del film con lo scopo di sottolineare – utilizzando un linguaggio universale comprensibile a tutti – alcuni degli aspetti e delle conseguenze che stanno portando il pianeta al collasso.
Si passa dalla deforestazione all’estinzione degli animali, dal problema dell’acqua all’elemento del fuoco rappresentato dal vulcano, simbolo della distruzione a cui il nostro pianeta è destinato. «I quattro capitoli sono tutti girati tra Sciacca e Catania – spiega Veneziano – . Quello sul riciclo, per esempio, è ambientato in un vecchio baglio di Sciacca; mentre per un altro ci siamo appoggiati al complesso culturale del noto scultore Filippo Bentivegna. Per quello sugli oceani, invece, ci siamo spinti fino al mare, per ammirare la città da un’altra prospettiva».
La presentazione del film in prima assoluta a Salvador De Bahia, in Brasile, lo scorso 4 aprile, non è stata causale. Proprio in quella terra, infatti, si sta compiendo la più grande deforestazione del pianeta. In Sicilia, invece, l’opera non è ancora stata presentata ufficialmente. Se da una parte l’autore pensa di debuttare nella sua Sciacca, dall’altra lo stuzzica l’idea di promuoverlo ad Agrigento in occasione del 150esimo anniversario della nascita di Luigi Pirandello. «Mi piacerebbe rendere la Sicilia terra di racconto e di denuncia non solo dell’aspetto climatico, ma anche di quello filosofico che l’uomo col tempo ha perso». E, chiamando in causa il pensiero di Pirandello, il giovane regista non si limita solo «a sensibilizzazione chi ancora non conosce lo scrittore premio Nobel», ma punta a raccontare «un aspetto del pensiero dell’uomo che si dimostra sempre attuale».
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