Uccise la figlia 12enne, confermato il carcere a vita La accoltellò mentre dormiva nel letto matrimoniale

Ergastolo anche in Appello. È questa la decisione del tribunale di Catania su Roberto Russo, 51enne, imputato per l’omicidio della figlia 12enne, e per grave ferimento della sorella maggiore di lei, che in quei giorni aveva 14 anni. La decisione è arrivata questa mattina, a seguito di un procedimento di secondo grado partito dopo la condanna all’ergastolo emessa il 30 ottobre 2017. Secondo l’accusa, a motivare l’uccisione ci sarebbe stata la decisione della moglie di separarsi. Il suo legale, l’avvocato Mario Brancato, aveva sollecitato l’infermità mentale di Russo e chiesto una nuova perizia psichiatrica. Nella sentenza i giudici hanno confermato anche la provvisionale di 410mila euro per la moglie e i due figli all’epoca dei fatti minorenni, e di 80mila euro per il quarto figlio maggiorenne, tutti rappresentati dall’avvocato Giuseppe Lo Faro.

L’assassinio è avvenuto in via della Regione, a San Giovanni La Punta. Le due ragazze dormivano insieme nel letto matrimoniale, quando il padre le ha colpite con un coltello per poi conficcarsi la lama nel petto, tentando il suicidio ma guadagnandosi solo una grave ferita. A tentare di fermarlo, quella mattina, i due figli dell’aggressore. L’uomo, operaio disoccupato da poco diventato venditore ambulante di frutta, si era di recente allontanato dalla moglie, che era tornata a vivere a casa dei genitori.

Ad aprile 2016, nel processo a carico del padre, una delle testimonianze clou era stata quella di Andrea. «Nei mesi precedenti lo vedevo strano, ma in particolare tre giorni prima che accadesse tutto, mentre in televisione scorreva la notizia di un delitto in una famiglia, lui mi disse che capiva perché accadevano determinate cose», aveva detto davanti alla corte. Parlando esplicitamente di un’«ultima cena» voluta da Roberto Russo prima del fatto, per condividere una pizza con i familiari qualche ora prima del delitto. «Si era fatto prestare 200 euro perché ci voleva tutti insieme, io gli dissi che poteva anche evitare di farlo e mangiare tranquillamente a casa».

Alcuni giorni dopo l’assassinio, Roberto Russo si trovava ricoverato all’ospedale Cannizzaro di Catania per il colpo che si era auto-inferto all’addome. Davanti alla procuratrice e alla giudice per l’udienza preliminare – andate a interrogarlo – era scoppiato a piangere, domandandosi perché non fosse riuscito ad ammazzarsi con il coltello da cucina. Un intento suicida che l’allora 47enne aveva messo nero su bianco in una lettera destinata ai familiari e acquisita agli atti del processo. Un messaggio che, dopo avere ripercorso un recente passato difficile, si concludeva con un verbo al futuro: «Ci rivedremo nell’aldilà».


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