«La reazione di tre-quattro comitatini». Matteo Renzi continuerà a descrivere così la presa di posizione dei cittadini rispetto alle politiche energetiche del governo e alle trivellazioni, dopo la manifestazione di ieri a Licata? Le stime numeriche sull’affluenza al corteo e le diverse letture politiche sono, al solito, controverse, tuttavia un dato risulta inequivocabile: tutta la comunità, adesso, si sente investita della questione. Secondo gli organizzatori, a scendere in piazza nella mattinata di ieri, sono state oltre mille persone, ma a prescindere dai numeri sono proprio le reazioni dei tanti e non di pochi a testimoniare che qualcosa è successo, che un evento ha scosso le coscienze della cittadinanza.
Quando qualcosa non passa inosservato, è possibile accorgersene da impercettibili ma fondamentali movimenti: le casalinghe sui balconi, i negozianti sull’uscio della propria attività, il dibattito tra sconosciuti. Non servono i numeri dell’affluenza per poter affermare che il tema delle trivellazioni, ora, è patrimonio di tutti. «Lo scopo – afferma Marco Castrogiovanni, del comitato NoTriv di Licata – era trasmettere alla comunità locale un messaggio: la nostra battaglia non nasce e muore all’interno di un comitato, i territori si stanno mobilitando realmente. Abbiamo dimostrato come un gruppo di cittadini abbia avuto una ottima capacità di mobilitazione e abbiamo sicuramente centrato il nostro obiettivo».
Nel frattempo anche a Roma il fronte del no alle trivelle incassa un altro risultato: la Cassazione, che avrebbe potuto bocciare in toto la proposta referendaria sul petrolio alla luce delle modifiche allo Sblocca Italia (il decreto che riguarda anche le trivellazioni) approvate in Parlamento, ha emesso una propria ordinanza con la quale approva il quesito sul divieto di attività petrolifere in mare entro le 12 miglia, di fatto lasciando in vita la possibilità di andare alla consultazione. La questione, dunque, resta aperta, e se adesso le Regioni solleveranno un conflitto di attribuzione nei confronti del Parlamento dinanzi alla Corte Costituzionale, la quale a sua volta potrebbe annullare le modifiche al decreto considerate elusive, gli italiani potranno essere chiamati alle urne per dire la loro sulle norme originarie, e di nuovo attuali, dello Sblocca Italia.
In questo caso, infatti, tornerebbero a essere validi anche i quesiti sui quali la Cassazione aveva dato il proprio benestare a novembre. «Una partita tutta da giocare – continua Castrogiovanni – che, però, temo possa incidere solo da un punto di vista politico: gli effetti pratici, dato che alcuni permessi sono stati già concessi, sono tutti da capire. Lo strumento che noi caldeggiamo resta la moratoria, con la quale si potrebbe bloccare tutto in attesa degli esiti referendari, in modo da decidere successivamente agli stessi».
Sta di fatto, comunque, che ieri a Licata il messaggio sia passato: cittadini, agricoltori, ambientalisti e pescatori erano in piazza in funzione di un bene comune, da difendere superando anche la diffidenza nei confronti di una possibile caratterizzazione politica che una manifestazione di questo tipo può suscitare. «È stato un ottimo punto di partenza – conclude Castrogiovanni – per pensare ai prossimi passaggi: sicuramente si dovrà formare una coalizione tra i vari sindaci dell’area per agire formalmente dinanzi al governo regionale. A tal proposito, interpretiamo la presenza dell’amministrazione comunale di Licata come una presa di posizione dalla quale scaturiranno atti concreti e immediati, se così non fosse dobbiamo ritenere che questa partecipazione sia stata solo un’adesione di facciata».
E mentre il sindaco di Gela è stato espulso dal Movimento cinque stelle per ragioni che, in parte, riguardano la propria posizione in merito alle politiche ambientali, il sindaco di Licata non si è ancora pronunciato pubblicamente, limitandosi a partecipare alla manifestazione in maniera informale, senza fascia tricolore.
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