«Impugnare il piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee per renderlo coerente con le particolari specifiche del territorio regionale». Questo il passaggio saliente di una mozione presentata al parlamento siciliano e indirizzata al governo guidato dal presidente Nello Musumeci. Oggetto del contendere il ritorno delle trivelle contro il caro bollette, ossia la nuova mappa del governo nazionale per raddoppiare la produzione di gas sul suolo italiano. Nello specifico lo scorso 13 febbraio il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha presentato la mappa con le zone in cui è possibile effettuare attività di ricerca di idrocarburi «in modo sostenibile». La Sicilia è tra le regioni con la più ampia fetta di aree considerate idonee, forte di 103 pozzi eroganti già attivi che pongono l’Isola al secondo posto dietro soltanto all’Emilia Romagna.
Il via libera al piano è arrivato nonostante una relazione elaborata dalla commissione tecnica specialistica del dipartimento Ambiente e territorio. Nel documento veniva evidenziato come il ministero non avrebbe tenuto conto di alcuni elementi, come le «faglie attive e capaci» legate a eventi sismici e le «deformazioni in grado di attivarsi in un prossimo futuro». Nella mozione presentata all’Ars dalla deputata Angela Foti e firmata dai colleghi Giampiero Trizziano (M5s) e Giusy Savarino (Diventerà Bellissima) si chiede che il Pitesai, acronimo di piano della transizione energetica e sostenibile delle aree idonee, venga allineato al parere della commissione tecnica regionale presieduta dal professore Aurelio Angelini. Proprio quest’ultimo, dopo l’approvazione del piano da parte del ministero, aveva evidenziato come nelle mappa vi fossero «luoghi certamente non idonei» per un piano che, a livello generale, «è l’esatto contrario di quello che chiede l’Europa».
A chiedere lo stop a nuove trivellazioni è pure il Forum siciliano per l’acqua e i beni comuni. «Il piano rivela una visione neocoloniale della Sicilia, ancora una volta terra di conquista. Non si tiene conto – è la posizione del Forum – del rischio idrogeologico di un territorio fragile. Tutto viene mortificato dalla mancanza di visione per il futuro». Con un quadro del genere il rischio, più che concreto, è che il Pitesai possa venire impugnato in sede amministrativa tramite dei ricorsi.
Anche alla luce del conflitto tra Russia e Ucraina il tema della crisi energetica è ai primi posti dell’agenda del governo Draghi. Il presidente del consiglio dei ministri nei giorni scorsi ha sottolineato di volere «migliorare la nostra capacità di rigassificazione, aumentando la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro», ha concluso.
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