Trasporti, come fare a meno della gomma Porti e ferrovie, il buco nero della Sicilia

«Siamo europei nei comportamenti, non nel modo di spostarci». Le parole di Matteo Ignaccolo, docente di Pianificazione e progettazione di sistemi di trasporto nel corso di laurea di Ingegneria di Catania, sintetizzano uno dei gap più difficili da colmare per i siciliani. Riuscire a muoversi e far muovere le merci usando standard continentali. Che, tradotto nella pratica, significa più treni e navi, più attenzione all’ambiente e meno auto e tir in circolazione. L’Unione Europea da tempo ha fissato un obiettivo: spostare su ferrovia e via mare il 30 per cento del trasporto merci sopra i 300 chilometri entro il 2030. Come sarà possibile tagliare questo traguardo in Italia, dove nel 2010 l’85 per cento degli spostamenti avveniva su gomma? E’ stato questo il tema della lectio magistralis del professor Ignaccolo, tenuta ieri mattina alla Cittadella, in occasione della presentazione del concorso fotografico Pon Photo e Video Awards sul tema Visioni sostenibili, organizzato dal ministero delle Infrastrutture e rivolto aigli under 35 delle regioni Obiettivo Convergenza: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia.

La soluzione per arrivare alla piena sostenibilità ambientale del trasporto merci è l’intermodalità: usare la gomma per spostamenti inferiori ai 200 chilometri, la ferrovia per trasporti tra 200 e mille chilometri, la nave per tragitti che superano i mille chilometri. Una ricetta precisa che però non viene applicata. «Il risultato – spiega Ignaccolo – è che la movimentazione delle merci in Italia e in particolar modo in Sicilia non è sostenibile né da un punto di vista ambientale, né sociale, né tantomeno economico». Il nodo più debole dell’Italia sono i porti. Della categoria Hub, quelli da dove le merci ripartono su altre navi, ce n’è solo uno: Gioia Tauro. Che però dal 2005 vede diminuire costantemente il proprio volume di traffico a favore dei porti della sponda sud del Mediterraneo. L’egiziano Port Said, ad esempio, è passato da una percentuale di traffico (sul totale riferito al Mediterraneo) del 10 per cento di otto anni fa al 17 per cento del 2011. I movimenti a Gioia Tauro nello stesso periodo si sono dimezzati, scendendo dal 20 al 10 per cento. Più in generale il problema è la marginalità del Mediterraneo rispetto al Nord Europa. Mentre il 30 per cento del traffico portuale europeo passa da tre centri, Rotterdam, Anversa e Amburgo, i nove più importanti porti del Mediterraneo ne assorbono appena il 20 per cento. E per raggiungere i livelli di un grande porto del Nord, si devono mettere insieme i primi otto scali italiani.

Altra enorme questione è come spostare le merci una volta arrivate sulla terra ferma. In Italia quelle che vengono caricate sui treni e prendono quindi la via ferrata sono appena il 6 per cento del totale. Paradossale la situazione della Sicilia, dove, sottolinea il docente, «la dimensione delle gallerie ferroviarie non permette il passaggio dei container di ultima generazione su carri merci con ruote standard». Ecco che la gomma diventa un opzione obbligata. I famosi corridoi europei mirano a migliorare questo quadro. La Sicilia è interessata dall’asse 1, il corridoio ferroviario Berlino-Palermo, e dall’asse 21, una delle autostrade del mare. Se ne parla ormai da decenni, ma i fondi a disposizione diminuiscono. «Il Pon 2000-2006 – spiega l’architetto Cynthia Fico, del ministero delle Infrastrutture –  tra fondi europei e nazionali, aveva messo a disposizione delle quattro regioni Obiettivo convergenza, circa 4 miliardi e mezzo di euro, quello 2007-2013 è passato a 2 miliardi e 600 milioni. E proprio in questi giorni si sta studiando il prossimo Pon per il sestennio 2014-2020».

A moderare l’incontro è stato Paolo La Greca, direttore del dipartimento di Architettura. Oltre ai funzionari del ministero era presente anche l’assessore alla Mobilità del Comune di Catania, Santi Cascone. Il nodo Catania, con la questione del raddoppio ferroviario e lo scontro tra Rfi e Comune, sostenuto dalle associazioni, rientra proprio nel corridoio Berlino-Palermo. Un’occasione per cambiare il rapporto tra la città e il mare. In quest’ottica Ignaccolo cita alcuni esempi a cui guardare che hanno riconvertito i loro vecchi porti aprendoli e integrandoli dentro la città: Londra, con i suoi vecchi attracchi sul Tamigi trasfromati in zone di grande attrazione turistica, Dublino, Dusseldorf, Bilbao. Ma anche casi più simili al capoluogo etneo come Alicante e Malaga. Servono idee. Quelle che il neorettore Giacomo Pignataro, presente per i saluti iniziali, alla sua prima uscita ufficiale, ha chiesto agli studenti: «Dovete essere soggetti attivi – ha sollecitato – e aggiungere allo studio il vostro apporto creativo, di questo abbiamo bisogno».

[Foto di Visioni Sostenibili]


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Riuscire a muoversi e far muovere le merci usando standard continentali. E' la sfida dell'Italia dove l'85 per cento degli spostamenti avviene con camion e tir e appena il 6 per cento dei container che arrivano nei porti si trasferisce su rotaie. La soluzione è l'intermodalità, ma nell'ultimo decennio i fondi destinati alle infrastrutture nel Sud Italia si sono dimezzati. Catania, che rientra nel corridoio Berlino-Palermo, ha l'occasione per cambiare il proprio rapporto con il mare, guardando ad esempi come Londra e Alicante

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