Dopo otto anni l’omicidio di Salvatore Lombardo, il pregiudicato freddato con due colpi di fucile calibro 12 nel bar Smart Cafè di Partanna il 21 maggio 2009, arriva a un punto definitivo. Dopo un lavoro sinergico fra carabinieri e polizia, sotto la regia delle Procure di Palermo e Trapani, sono scattate le manette per Giuseppe Genna e Rosario Scalia, per il reato di omicidio premeditato e aggravato dal metodo mafioso. Due arresti che chiudono il percorso investigativo, iniziato con gli arresti del 26 novembre 2015 di Attilio Fogazza e Nicolò Nicolosi, oggi collaboratori di giustizia.
Non è da loro che partono, tuttavia, i due nomi di oggi, a cui gli inquirenti sono arrivati attraverso nuove indagini che hanno permesso di reinterpretare anche quelle già svolte all’indomani del delitto. Il mandante, individuato e arrestato a dicembre 2015, è invece Giovanni Domenico Scimonelli, esponente di spicco della famiglia mafiosa di Partanna. «Un’attività entusiasmante – dicono subito gli inquirenti – È stato come ricostruire un puzzle, e anche le accuse così precise e ben ricostruite hanno indotto i due pentiti a collaborare e a darci delle conferme».
«Su Genna e Scalia pesano gravi indizi di complicità», spiega il procuratore aggiunto di Palermo appena insediato Paolo Guido. «Il risultato di oggi arriva grazie all’importante sinergia messa in campo – prosegue il magistrato – Da oggi inizia questo rinnovato rapporto di collaborazione ai massimi livelli. Abbiamo degli obiettivi importanti, la necessità di vigilare su un territorio come quello trapanese e quello agrigentino, che negli ultimi anni forse abbiamo tutti perso di vista sul piano delle dinamiche di Cosa nostra, ma teatro di fatti omicidiari gravi come questo, che dimostrano anche che, seppure a distanza di tempo, la giustizia arriva implacabile, riesce ad assicurare e individuare le responsabilità penali».
A portare all’arresto di Genna e Scalia è stato quindi un minuziosissimo lavoro di collage, arricchito dalle conferme arrivate dai due pentiti arrestati nel 2015 e che erano stati immortalati dalle telecamere di due esercizi commerciali vicini alla scena del crimine, una gioielleria e un fioraio, a bordo di una Volkswagen Polo di colore scuro, usata dai killer per commettere l’omicidio e poi scappare in tutta fretta.
«Genna ha messo a disposizione la vettura e, dopo il delitto, si è anche occupato di distruggerla, dandola alle fiamme e procurandone un’altra per proseguire la fuga, falsificando i registri dell’agenzia di noleggio in cui lavorava per creare dei falsi alibi – spiegano gli inquirenti -. Mentre Scalia era quello che teneva i contatti con Scimonelli, riferendo gli spostamenti della vittima». Sono loro due le figure mancanti che chiudono definitivamente un caso che, inizialmente, si temeva potesse restare irrisolto.
Le indagini sono ripartite dagli arresti del 2015 e da alcune intercettazioni, che hanno permesso di ricostruire il movente dell’omicidio: Lombardo, soprannominato dagli indagati Funciazza, era sospettato di aver rubato un camion e della merce ai danni del supermercato Despar di Partanna, gestito proprio da Scimonelli. La sua uccisione rappresentava, dunque, una sorta di vendetta. «Sia Genna che Scalia sapevano esattamente cosa doveva succedere, non è stato solo un favoreggiamento – continuano gli inquirenti – Erano stati avvisati».
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