Due milioni e mezzo per il terzo progetto di prevenzione del rischio idraulico del corso d'acqua che, a ogni forte pioggia, provoca danni e vittime nell'Acese. Ma la gara è rimasta bloccata per 18 mesi. E intanto, dopo il maltempo dei giorni scorsi, si registrano ancora esondazioni e allagamenti. Guarda le foto
Torrente Lavinaio-Platani ancora in attesa dei lavori «Fondi fermi da un anno e mezzo per la burocrazia»
«La burocrazia siciliana non ha ancora dato il via libera a un progetto già pronto che non avrebbe risolto tutti i problemi, ma di sicuro avrebbe evitato altri danni». Così Alessio D’Urso, geologo, commenta lo stato dei finanziamenti per la messa in sicurezza di parte del torrente Lavinaio-Platani, tra i maggiori pericoli del territorio delle Aci durante il maltempo, anche quello dei giorni scorsi. Lo stesso corso d’acqua che, l’anno scorso, ha isolato Capomulini, allagato i cortili, trascinato le auto e provocato danni che Acireale non è ancora riuscita a riparare. L’anno prima, Giuseppe Castro, 53 anni, dipendente pubblico, stava percorrendo via Anzalone a bordo del suo motorino, quando è stato ingiottito dall’acqua. Il corpo è stato ritrovato due settimane dopo nel Siracusano. Oggi, di nuovo, il torrente è esondato proprio in quel punto. «Anzi quest’anno la situazione sembra meno peggio – spiega D’Urso – Anche se l’ultima casa a valle si è comunque allagata». Così come diverse altre abitazioni e locali dell’acese, dove alcuni cittadini sono rimasti bloccati nelle loro auto impantanate.
Il finanziamento da due milioni e mezzo è il terzo – il primo ad Acireale per la zona della foce del torrente e l’altro ad Aci Catena per l’area del cimitero, entrambi del 2008 – che viene erogato per intervenire sul rischio idraulico. Tutti dalla gestazione lunga e complessa, nonostante l’emergenza si ripeta a ogni forte pioggia. «L’idea è di creare delle strutture, nei Comuni attraversati dal torrente, per gestire meglio la forza di queste acque – spiega D’Urso – Anche se parte del problema si sviluppa ad Aci Sant’Antonio, che contribuisce pesantemente a creare il rischio ma che al momento non si fa coinvolgere nelle soluzioni». Nella primavera del 2014 vengono stanziati due milioni e mezzo. Per scegliere gli esperti, fare le analisi ed elaborare il progetto viene dato un termine di 30-60 giorni. Nonostante i tempi stretti, il Comune presenta un piano, «già approvato da Asp, Genio civile, Comune e Soprintendenza». A questo punto, dopo il decreto di finanziamento, a mancare è solo la gara, che dev’essere svolta dall’Urega, l’apposito ufficio regionale. Gara che si aspetta da un anno e mezzo.
«Ormai abbiamo cercato anche le virgole e i puntini», commenta il geologo. Tra atti aggiuntivi e documenti sparsi tra i cassetti degli uffici. «In Regione seguono alla lettera un elenco stringente di requisiti, anche se non tutti sono indispensabili». Come nel caso di una determina, che non esiste in nessuno delle decine di Comuni monitorati, e che alla fine – dopo settimane – si scopre essere un documento che c’è già, solo chiamato con un altro nome. «Quello che fa arrabbiare è che non si riesca a mettere in pratica una procedura più snella – conclude Alessio D’Urso – Ne trarrebbe vantaggio tutto il territorio; i fondi andrebbero spesi con ricadute positive per tutti ma, soprattutto, andrebbero spesi. Così il governo nazionale non se li riprenderebbe indietro come ha già fatto».