Tornati (a casa) per tempo, Stabile sfida cliché della tv  Se il teatro si trasforma in una serie di quattro episodi

La pandemia, che ci ha chiusi in casa nei lunghi mesi del lockdown, ha obbligato tutti, o quasi, a impegnare il tempo nelle attività più disparate e così gli italiani si sono improvvisamente riscoperti cuochi, pasticceri, panificatori, appassionati del bricolage e amanti del fitness. Un posto d’eccezione, all’interno di questa speciale classifica, lo occupa sicuramente la Tv, inseparabile compagnia durante le settimane più buie. Grazie a lei – ai suoi programmi di approfondimento e alle serie presenti nelle numerose piattaforme in streaming – il popolo italico non solo è diventato esperto di medicina, di virologia, di gestione delle emergenze sanitarie e profondo conoscitore delle grandi verità mondiali, ma anche regista e critico televisivo.

A spostare gli spettatori dall’ormai sformato divano di casa alle poltrone di velluto rosso di nuovo finalmente fruibili al cento per cento, ci ha pensato Nicola Alberto Orofino con Tornati (a casa) per tempo, l’ambizioso progetto prodotto dal teatro Stabile di Catania scaturito dall’esigenza di capire come il format di serialità, che oggi trionfa in tv, possa essere applicato alla recitazione dal vivo.

Cosa succede quando uno spettacolo teatrale diventa una serie? Cosa quando il pubblico assiste alla puntata non in streaming ma in una sala teatrale? A dare la risposta è lo stesso regista: «Ci siamo divertiti a impiegare i cliché delle serie tv contemporanee come i riassunti delle puntate precedenti, l’ordine artificiale e non cronologico degli eventi, suspense del finale di puntata, finale di stagione aperto. Il risultato – spiega Orofino – è un racconto che spazia nei generi e nelle forme del teatro (commedia, monologo, testo corale, tragedia…) in cui nulla è come sembra. Un racconto che crediamo possa essere esaltante ed emozionante per il pubblico».

La storia scritta da quattro autori siciliani – Roberta Amato, Giovanni Arezzo, Nicola Alberto Orofino, Alice Sgroi – racconta di tre fratelli, figli di un rinomato direttore d’orchestra, che per anni non si sono visti (ma si sono tenuti d’occhio a distanza) e che si ritrovano nella casa natia attorno alla bara del padre, morto in seguito a un incendio che si è sviluppato all’interno dell’abitazione. Il rogo, che ha ricoperto le mura di fuliggine, ha distrutto tutto, tranne un quadro: il ritratto del genitore defunto.

A contrapporre i tre fratelli tra di loro è il testamento, attorno al quale si sviluppa un’accesa contesa. Cosa combinerà la moglie di uno dei tre – interpretata da Cristiana Raggi – nella prossima puntata? Riusciranno i tre fratelli, impersonificati magistralmente da Salvo Drago, Luca Fiorino e Carmen Panarello, a fare i conti con il proprio passato e a trovare un accordo? Al momento l’obiettivo sembra molto lontano.

Il primo episodio, Tutta la puzza della vita, è già andato in scena nella sala Verga. La visione degli altri è in programma ogni lunedì fino al 20 dicembre.

Alessia Sapienza

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