Ancora guai con la giustizia per il colosso degli appalti Tecnis. In queste ore i militari della guardia di finanza, su delega della procura di Catania, stanno eseguendo quattro misure cautelari agli arresti domiciliari. Si tratta dei Concetto e Orazio Bosco Lo Giudice, Domenico Mimmo Costanzo e Gaspare Di Paola. Tutti sono accusati di bancarotta fraudolenta per distrazione dal valore complessivo di 94 milioni di euro. Ipotesi collegata allo stato d’insolvenza della società e delle sue consortili dichiarato dal tribunale etneo a giugno 2017.
L’operazione, denominata
Arcot, ha portato a un maxi sequestro preventivo di beni. Concetto Bosco è coinvolto nella sua qualità di amministratore di fatto di Tecnis, componente del cda dal 2010 al 2015, e amministratore unico di una società consortile dello stesso gruppo, la Ternirieti. Questa e altre società dirette dal presunto sodalizio – Ing. Pavesi & c. spa, Iniziative Turistiche srl, Sicilia Gof Resort srl, Off-side srl – venivano, secondo la procura, usate per drenare flussi di denaro. Mimmo Costanzo viene definita la «mente organizzativa del progetto criminale». Orazio Bosco Lo Giudice è coinvolto in quanto amministratore di alcune di tali società, mentre Di Paola viene ritenuto dai magistrati «consapevolmente prestanome a disposizione di Costanzo e Bosco Lo Giudice.
«Le criminose condotte predatorie del management della Tecnis», secondo la ricostruzione della procura, avrebbero «spogliato la società di quasi 100 milioni di euro nel corso di un quadriennio, dal 2011 al 2014, aggravandone il dissesto e rendendola insolvente». Il meccanismo si sarebbe basato sulla concessione, da parte della società madre Tecnis, di «consistenti e vorticosi finanziamenti infragruppo non onerosi diretti alle imprese consorziate». Poi, anche con «movimentazioni realizzate nella stessa giornata», decine e decine di milioni di euro finivano sui conti di società estranee al gruppo «ma sempre dirette, anche con la presenza di prestanome, dal duo Concetto Bosco-Mimmo Costanzo», scrive la procura.
Quella della Tecnis è una storia che mischia successo, tanto da riuscire a imporsi nel panorama nazionale come un rullo compressore nel settore delle costruzioni generali, e un clamoroso declino. Lo spartiacque può essere identificato nel 2015. Anno in cui un’inchiesta della guardia di finanza di Roma – Dama nera, scoperchiò un maxi giro di mazzette nel circuito di Anas, l’ente nazionale per le strade. Allo stesso tavolo dipendenti pubblici, politici e imprenditori. Tra i coinvolti Concetto Bosco Lo Giudice e Mimmo Costanzo. Volti del successo di Tecnis spesso innalzati a esempio di legalità. All’inchiesta romana si affianca quella dei magistrati di Catania. Certificata con un provvedimento del tribunale misure di prevenzione – febbraio 2016 – con cui vennero sequestrate per presunte infiltrazioni mafiose le tre società che componevano il gruppo (Artemis, Cogip e Tecnis) e nominato l’amministratore giudiziario Saverio Ruperto. Tre mesi prima c’era stata pure l’interdittiva antimafia firmata dal prefetto etneo. Gli inquirenti documentarono rapporti nebulosi e affari.
I colpi di scena non mancano e a marzo 2017, su richiesta della stessa procura di Catania, il tribunale decide di restituire i beni a Costanzo e Bosco. Obbligandoli però a una sorta di amministrazione controllata per tre anni. Soltanto l’estate scorsa la Tecnis è passata di mano, dopo una complessa procedura di vendita, al gruppo campano D’agostino costruzioni.
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