Cosa accade al teatro massimo di palermo? di sicuro qualcosa di poco chiaro se, addirittura, le segreterie sindacali di categoria, appartenenti a quattro diverse confederazioni, unitariamente, hanno ritenuto di allertare le massime autorità pubbliche competenti, invitandole ad intervenire per via istituzionale allo scopo di ripristinare normali relazioni sindacali.
Teatro Massimo, la rivolta dei sindacati
Cosa accade al Teatro Massimo di Palermo? Di sicuro qualcosa di poco chiaro se, addirittura, le segreterie sindacali di categoria, appartenenti a quattro diverse confederazioni, unitariamente, hanno ritenuto di allertare le massime autorità pubbliche competenti, invitandole ad intervenire per via istituzionale allo scopo di ripristinare normali relazioni sindacali.
Le segreterie sindacali di categoria Sec-Cgil, Fistel-Cisl, Uil-cominicazione e Fiasl-Cisal hanno inviato al ministro dei Beni e delle Attività culturali, al presidente della Regione siciliana, al commissario del Comune di Palermo e alle rispettive segreterie nazionali una relazione, corredata da quattro schede documentali, argomentando le ragioni della richiesta d’intervento. In essa viene lamentata l’interruzione dei rapporti sindacali senza, però, accennare ad alcuna causa all’origine della loro interruzione.
Il materiale prodotto dalle organizzazioni sindacali è parecchio e, quindi, sulla scorta di questa ampia documentazione e di altri approfondimenti Link Sicilia intraprenderà un ‘viaggio’ sulle contraddizioni interne al Teatro Massimo di Palermo, nonché sulla gestione manageriale della Fondazione che lo governa.
Iniziamo dal conflitto sindacale provocato dalla interruzione unilaterale da parte del sovrintendente Antonio Cognata. La relazione-denuncia dei sindacati dà notizia dell’interruzione del virtuoso modello di confronto che dal 2003 al 2006 aveva consentito il risanamento del bilancio della Fondazione Teatro Massimo e l’ottimizzazione delle risorse economiche, umane ed artistiche. Non si può non dedurre che, a decorrere da quella data, hanno avuto inizio le divergenze concettuali sui modelli culturali ed economici.
La relazione non fa menzione della natura di tali divergenze, né delle opzioni del soprintendente e prosegue riportando le opinioni dei sindacati sul significato e sul ruolo che una grande istituzione culturale debba svolgere sul territorio e nel mercato. Le ragioni che stanno alla base delle divergenze sono sommariamente accennate nella stessa relazione, là dove vengono riferite scelte gestionali che hanno provocato sprechi e disfunzioni e, in qualche caso, mortificazione del ruolo artistico delle componenti dello spettacolo dell’opera: l’orchestra, il coro e il corpo di ballo. Con ripercussioni anche sui costi gestionali. Nient’altro.
Le motivazioni addotte per richiedere il ripristino delle normali relazioni sindacali dovrebbero avere, forse, una maggiore consistenza perché, a disposizione del sindacato, esistono altri mezzi per imporre il negoziato tra le parti. Invocare l’intervento delle massime autorità pubbliche competenti ha senso se il loro intervento serve a rimuovere d’autorità il sovrintendente, non certo per mediare un rapporto tra le parti aziendali.
Ci dev’essere, insomma, qualcosa di non detto all’origine dell’interruzione dei rapporti sindacali che ‘filavano’ benissimo e che all’improvviso, chissà per quale arcano motivo quell’idillio si sono spezzate. In ogni caso, sulle schede documentali delle valenze artistiche e le disfunzioni gestionali torneremo a decifrare le ragioni del dissenso.