«Dovevo fare una fattura con importo maggiorato e, quando veniva pagata, recuperavo il denaro contante che mettevo in una busta che poi consegnavo a Cavallaro, all’interno del suo ufficio alla stazione marittima di Palermo». Rosario Cavallaro e Francesco Tricarico avrebbero preteso la loro parte per i lavori del nuovo cruise terminal del porto del capoluogo siciliano, inaugurato a maggio dello scorso anno. I due sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa a vario titolo di estorsione, consumata e tentata, e truffa. La nuova casa dei croceristi è una struttura avveniristica, completamente rivista negli spazi, che però nasconderebbe, secondo i magistrati della procura di Palermo, una brutta storia di tangenti e imprenditori subappaltatori che venivano invitati a «parlare a bassa voce» quando, con frasi allusive, veniva chiesto loro di pagare «somme di denaro extra in contanti». Due si sono ribellati mentre un terzo ha ammesso agli investigatori di avere ceduto alle richieste «perché se rifiutavo non avrei più lavorato e quella era la mia unica fonte di sostentamento». Partendo da una denuncia del presidente dell’Autorità portuale Pasqualino Monte gli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria si sono messi sulle tracce di Cavallaro e Tricarico, rispettivamente direttore del cantiere e direttore tecnico della Società costruzioni strade moderne, con sede a Roma. L’azienda nel 2021 aveva vinto l’appalto, valore 23 milioni di euro, per la ristrutturazione della stazione marittima.
«In molte occasioni, quando consegnavo la busta con i soldi a Cavallaro, era presente anche Tricarico. Inoltre Cavallaro diverse volte parlava al plurale facendomi intendere che il denaro che consegnavo lo divideva con Tricarico», racconta agli investigatori l’imprenditore del settore edile in un passaggio del verbale riportato nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Rosario Di Gioia. «Se non ricordo male – continua – i soldi che ho consegnato a Cavallaro e Tricarico ammontano complessivamente a circa 80/90mila euro, corrisposti in più tranche tra il 2019 e il 2021». In base alla testimonianza dell’imprenditore vittima il pizzo sarebbe stato versato anche tramite dei bonifici bancari effettuati in favore di un conto corrente intestato all’anziana madre del geometra e direttore tecnico. Attraverso l’estratto conto consegnato ai militari dall’imprenditore i finanziari hanno evidenziato in giallo tre bonifici: due da 10mila euro e uno da 15mila euro con il giustificato «restituzione prestito infruttifero». Un totale di 35mila euro che, insieme alle pensioni della donna ormai deceduta, è stato girato su un rapporto bancario intestato a Cavallaro. Una parte pari a 23mila euro, secondo le accuse, sarebbero stati utilizzati dal geometra per l’acquisto di una lussuosa Bmw X4.
Due imprenditori hanno raccontato ai magistrati di non avere ceduto davanti alle presunte richieste di denaro. «Ci siamo nettamente opposti – spiega uno di loro – e gli abbiamo detto che non accettavamo questo tipo di ricatto, anzi a queste condizioni non eravamo più disposti a lavorare». Dopo il rifiuto però per la ditta, che si occupava della posa in opera di controsoffitti, sarebbero iniziati i problemi e un atteggiamento di ostilità. Ossia presunti ritardi nei pagamenti. «A oggi la nostra impresa – spiegava la vittima della richiesta – avanza dalla So.Co.Stra.Mo 20mila euro». Altro imprenditore destinatario della richiesta di tangente sarebbe stato il titolare di una società specializzata nella fornitura e collocazione di opere in vetro.
In questo caso sono due i passaggi da sottolineare. Quello relativo al preventivo per la fornitura, passato da una base di circa 800mila euro a circa 500mila euro. Una corsa al ribasso, anche per quanto riguarda i materiali da utilizzare, che avrebbe nascosto delle precise di richieste da parte degli indagati. Terminata la trattativa, durata diversi mesi, si arrivò al periodo della firma del contratto. «Qualche giorno prima – racconta la vittima a verbale – mi sono recato negli uffici di Palermo della So.Co.Stra.Mo. Tricarico mi voleva parlare in maniera riservata e all’aria aperta mentre Cavallaro mi fece lasciare il cellulare nella scrivania nel suo ufficio». Fatte queste operazioni preliminari sarebbe scattata la richiesta di una tangente. «Tricarico, senza troppi giri di parole, mi disse che se avessi voluto firmare il contratto avrei dovuto lasciare il 10 per cento». Percentuale che per la vittima si sarebbe riferita al valore del subappalto. «Ho prontamente rifiutato – aggiunge – e Tricarico stizzito mi disse che avrebbe dovuto rivalutare tutti i nostri accordi». Ad offrire un piano B ci avrebbe però pensato Cavallaro. «Cercò di mediare chiedendomi se fossi disposto a pagare intorno al 5 o 7 per cento. Mi propose di mettere dei vetri scadenti in quanto non ci sarebbero stati problemi poiché in sede di collaudo i controlli li avrebbe fatti lui con Tricarico». L’imprenditore però avrebbe rifiutato nuovamente ottenendo come conseguenza delle ritorsioni sulla tempistica dei pagamenti.
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