Esce oggi e si chiama "Itinerario precario" il primo album di Fabio Abate, cantautore catanese scoperto da Carmen Consoli. Prodotto dalla Narciso Records, il cd contiene otto brani in cui si descrive la società in tutte le sue sfaccettature, con classe, eleganza ed ironia
Talento a tempo indeterminato
Buono a sapersi: Catania sforna ancora talenti musicali. Per la precisione, Catania gli dà i natali, Catania li scopre, li produce e per prima li applaude.
Fabio Abate è catanese, l’ha scoperto una catanese che l’ha pure prodotto e sempre noi “marca Liotru” abbiamo avuto modo di ascoltare, in anteprima a Scenario Pubblico, il suo disco d’esordio, in uscita oggi, 30 aprile.
Una band di cinque elementi, per un album intenso, non proprio facile da promuovere: «C’è un brano che capita di ascoltare su qualche radio, non in tutte. Oggi è quasi impossibile. Noi ci stiamo provando a partire dal basso, dalle radio locali. Chissà che non ci riusciremo…», ha spiegato Abate, prima di intonare “Angela”, canzone d’amore e, al contempo, invito ad amare: «Angela, c’è una stella che s’illumina, un’allodola romantica canta di una splendida domenica. Amore mio, baciami».
Sono otto i brani di “Itinerario Precario”, prodotto dalla Narciso Records, l’etichetta indipendente fondata da Carmen Consoli, con la quale la collaborazione è nata grazie a “Senza farsi male”, candidato al David di Donatello e ai Nastro d’Argento. All’interno della colonna sonora del film “L’uomo che ama”, con Monica Bellucci e Pier Francesco Favino, questa canzone è una sorta di prontuario per cuori infranti. Quando una storia d’amore finisce, talvolta, il dolore porta alla negazione dell’affetto che ha portato quella stessa storia a nascere. Chi soffrirà di più? «Pagherà la vittima oppure il carnefice? Vado via, stanotte tu sentirai nostalgia». Eppure, «si può curare l’anima allontanandosi, ma senza farsi male».
Ogni canzone è una storia densa di descrizioni fisiche ed emotive, filtrate da un sarcasmo tagliente. Così il “Precario” di Abate non sa più a cosa aggrapparsi, nell’incertezza di questi anni, e si trova costretto a fare un inventario di ogni avere, perché «bisogna razionare la pietanza».
Altrettanto ironico è il ritratto del “Povero pagliaccio”, tutto apparenza e sostanza quasi del tutto assente, che «parla sempre a vanvera», «si cala le braghe», e cede completamente al ridicolo quando «gonfia la sua bambola».
Caricature, sì, che nascondono qualcosa di più profondo, che lasciano trasparire quella che Abate definisce “La bestia che c’è in noi” e dalla quale bisogna fuggire. «Lasciatemi scappare, c’è una zattera là in fondo», e la zattera porta al sonno che, paradossalmente, è più lucido della veglia.
“Itinerario precario” è un album che lascia spazio anche a descrizioni più realistiche, come quella di “Maddalena”, che l’artista definisce «una donna di oggi, forte, che vuole libertà e che non intende più sottoporsi al volere dell’uomo». E così questa “Maddalena” «è ancora libera, lontana da serpenti, da scagnozzi, anche dall’onnipotente».
Vocalità particolare, musiche piacevoli ed eleganti: “Itinerario Precario” è un bel cd. Non semplicissimo, ma interessante. Un’ottima prova d’esordio per il giovane cantautore catanese di talento. La Cantantessa c’ha visto giusto.