A un pubblico di studenti un po’ impacciati, per la verità più pronti a scattare selfie con gli smartphone che a porre domande, i due calciatori hanno raccontato la propria esperienza di incontro con «l’altro», con il diverso
Studenti del Cannizzaro a lezione con i Rosa Ujkani e Lazaar per «Il CalcioStorie»
Uno è fuggito dalla guerra in Kosovo, l’altro ha imparato l’italiano all’oratorio ma entrambi sono d’accordo su una cosa: «Nel calcio non contano diversità e provenienza geografica, conta essere uniti quando si scende in campo e lottare tutti insieme per vincere«. Sono due calciatori del Palermo, Samir Ujkani e Achraf Lazaar, che stamattina hanno incontrato gli studenti del liceo scientifico «Cannizzaro» per parlare di sport e integrazione, nell’ambito del progetto nazionale Il CalciaStorie lanciato da Lega Serie A e Uisp e al quale partecipano anche il Ministero del Lavoro e l’Associazione Italiana Calciatori.
A un pubblico di studenti un po’ impacciati, per la verità più pronti a scattare selfie con gli smartphone che a porre domande, i due calciatori hanno raccontato la propria esperienza di incontro con «l’altro», con il diverso. Ukjani ha dovuto lasciare da bambino la sua patria, il Kosovo, per riparare in Belgio e fuggire agli orrori della guerra balcanica. Da lì è iniziato un lungo percorso che lo ha portato a difendere la porta del Palermo: «Quando entri in campo pensi solo alla squadra – dice -, non certo da quale nazione provengono i tuoi compagni. Nel calcio, ovunque si giochi, conta solo fare risultato, e questo ci rende tutti uguali. Venire a vivere in Italia mi ha dato l’opportunità di conoscere nuove culture e imparare un’altra lingua. Cosa mi ha colpito quando appena arrivato dal Belgio? Il cibo».
Esperienza diversa nei tempi e nei modi ma simile nelle difficoltà di inserimento in un’altra realtà per il terzino Lazaar: «Sono arrivato in Italia undici anni fa e non conoscevo una parola. Mi sono iscritto all’oratorio e l’italiano l’ho imparato lì, insieme ai ragazzi che frequentavo e che ringrazio ancora oggi. Alcuni sono rimasti miei amici. Il calcio unisce le persone, la diversità non conta niente. Personalmente non ho mai subito episodi di razzismo, mi sono sempre sentito perfettamente integrato fin dai tempi dell’oratorio. Sono stato fortunato».
Durante l’incontro è stato proiettato il video realizzato da Sky Sport per la trasmissione «Federico Buffa racconta» e dedicato ad Arpad Weisz, l’allenatore ungherese di origini ebraiche capace di vincere due scudetti col Bologna e uno con l’Ambrosiana Inter prima di essere deportato ad Auschwitz, dove morì nel 1944 insieme ai suoi familiari.